VECCHIO CARCERE DI VIBO VALENTIA (Sant’Agostino
Il vecchio carcere di Vibo,denominato “San’Agostino” e sito,in posizione dominante, nella parte alta della città, negli ultimi lustri è stato posto all’attenzione dei magistrati ad opera di collaboratori che vi avevano trascorso negli anni ’80 periodi di detenzione .
Antonio Sestito di Crotone, Gerardo D'Urzo di Sant'Onofrio e Francesco Fonti di Bovalino hanno reso dichiarazioni importanti su alcuni fatti accaduti all’interno del carcere vibonese.
Il pm Marisa Manzini,nell’ambito dell’inchiesta “Nuova Alba”,aveva appreso dal collaboratore SESTITO le "regole" interne a quel carcere,fatiscente e facilmente ermeabile,dove i detenuti "di peso" avrebbero ricevuto lauti pranzi dall’esterno ad opera dei capi della cosca Lo Bianco.
Il pm Patrizia Nobile invece avrebbe ricevuto dal pentito D’URZO le confidenze sulla facilità di comunicazione fra gli ‘ndranghitisti in libertà ed i capi dei clan Mancuso e Fiarè, reclusi all'epoca nel "Sant'Agostino".
Nell'udienza del processo "Genesi" del 22 aprile 2010, si era appreso invece dal collaboratore FONTI che il patriarca del clan di Limbadi, Francesco Mancuso (deceduto nel 1997), il 13 ottobre del 1985 aveva organizzato e tenuto nel carcere di Vibo una "veglia funebre" in onore del boss di Reggio Calabria,Paolo De Stefano, ucciso da latitante nella sua Archi in risposta all'autobomba che a Villa San Giovanni era costata due giorni prima la vita a tre guardaspalle del boss rivale Nino Imerti, noto come "Nano feroce".
ANNO V° DELL'ERA ....
NUOVO CARCERE DI VIBO VALENTIA (contrada Cocari)
Le cose non sembrano cambiare nel nuovo carcere di Vibo Valentia - uno dei più importanti della Calabria – che,dopo un infelice inizio ed una pronta e vigorosa ripresa,subisce,nel periodo dei fatti evocati dai collaboratori,una “caduta verticale” tanto che,per la prima volta,due sentenze giudiziarie pongono formale attenzione sulla nuova struttura penitenziaria vibonese per quanto sarebbe accaduto all’interno della stessa dall’agosto al dicembre 2007.
Protagonisti alcuni detenuti arrestati nell’agosto di quell’anno nell’ambito dell’operazione “FEHIDA”.
Con la sentenza del 6 luglio 2011 della Corte d'Asside d'Appello di Reggio,relativa alla faida di San Luca che ha originato poi la strage di Duisburg del ferragosto 2007,i giudici nel condannare ad 8 anni per associazione mafiosa alcuni esponenti dei clan di San Luca, danno per giudiziariamente provate le affiliazioni alla 'ndrangheta, avvenute all'interno del carcere di Vibo, di Roberto Aguì, 30 anni, e Giuseppe Pipicella, 40 anni, alias "Peppe u zipangulu".
Il collaboratore Vincenzo Marino, 35 anni, ex affiliato al clan "Vrenna-Bonaventura" di Crotone, con le sue dichiarazioni svela i retroscena di quanto avvenuto nel nuovo carcere vibonese nel 2007. Marino ha spiegato ai magistrati reggini, in un verbale del 29 settembre 2009,poi confermato in udienza il 28 febbraio scorso 2011,di essere stato detenuto sino al dicembre del 2007 nel carcere di Vibo, in compagnia di Franco Vottari, alias "u Frunzu", Emanuele Biviera, Giuseppe Pugliesi, Giuseppe Biviera, Vincenzo Biviera, Raffaele Stranieri, Roberto Aguì e Antonio Pelle, tutti di San Luca e ritenuti dall'accusa organici al clan dei "Pelle-Vottari" contrapposto ai "Nirta- Strangio",tutti coinvolti,come dicevasi sopra nell'operazione "Fehida" del 30 agosto 2007.
Secondo le sentenze di primo e secondo grado, Vincenzo Marino su incarico di Francesco Vottari – al fine di rendere più facile la vita in carcere per i giovani detenuti –, oltre ad Aguì e Pipicella (che erano stati assolti in primo grado) avrebbe "battezzato" nei pressi del campo di calcetto, all'interno del carcere di Vibo, anche Antonio Pelle, Raffaele Stranieri, ed i tre Biviera (tutti condannati già in primo grado). Per compiere il "rito" di affiliazione sarebbe stata utilizzata la fontana del carcere adiacente al campo di calcio.
Nuovo carcere di Vibo Valentia
Nuovo carcere di Vibo Valentia
Le dichiarazioni di riscontro rese dal maggiore dei carabinieri Alessandro Mucci e dal maresciallo Francesco Natale hanno indubbiamente avuto la loro importanza. In particolare, Mucci aveva riferito in aula di aver accertato come veritiera l'asserzione secondo la quale il collaboratore Marino tra l'ottobre e il novembre 2007 aveva condiviso la cella con Raffaele Barletta, ritenuto esponente del "locale" di Guardavalle, e con Vincenzo Lamari, dell'omonimo clan di Laureana di Borrello, i quali avrebbero assistito al "battesimo" dei giovani dei Pelle-Vottari.
La sentenza per la faida di San Luca attende ora solo il vaglio della Cassazione. Ultimo esame dei giudici che potrebbe definitivamente portare a far luce anche su quanto sarebbe avvenuto all'interno del carcere di Vibo.
Indubbiamente la gravità di quanto raccontato dai collaboratori/pentiti inquieta l’opinione pubblica e pone seri interrogativi su un periodo temporale,quello datato dai fatti più recenti,che aveva visto la Calabria penitenziaria onesta piegata su sé stessa ed incapace di reagire alle sfide di una criminalità organizzata sempre più sicura di sé stessa.
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