mercoledì 13 novembre 2013

TAMBURINO (Dap); abbiamo trend positivo, calano i detenuti e aumentano i posti

            


È un "trend positivo" quello che si registra oggi nelle carceri italiane con una diminuzione, negli ultimi mesi, del numero dei detenuti in cella e, contemporaneamente, l'aumento di posti letto disponibili.
A sottolinearlo è stato il capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino, nel corso di un convegno a Regina Coeli. "Il numero dei detenuti ieri si attestava a 64.333 unità mentre nel 2010 eravamo arrivati a 69.000 reclusi - ha rilevato - c'è un calo di 5.000 detenuti in tre anni e, negli ultimi mesi, abbiamo assistito alla diminuzione settimanale di circa cento unità.
Proiettando questi dati in un anno, si può prevedere che potrebbe esserci una diminuzione di oltre 4-5 mila detenuti. Credo che potremmo scendere sotto la soglia dei 60.000 nei prossimi mesi". A ciò si aggiunge, osserva Tamburino, l'aumento di posti letto nei penitenziari "con almeno duemila posti nuovi, l'apertura di tre istituti nuovi in Sardegna e altri reparti in altre parti d'Italia. I posti disponibili arriveranno a 50.000".
Vi è inoltre una "rapida riduzione" dei "casi più estremi, che giustamente sono da considerare disumani", ha detto il capo del Dap, riferendosi a quei detenuti che vivono in spazi inferiori ai tre metri quadrati. In calo, poi, sono anche i casi di "autolesionismo e i fenomeni di aggressività. Questi sono indicatori - conclude Tamburino - da cui si può desumere che abbiamo imboccato la direzione giusta".

Strasburgo? non lavoriamo a una proroga

"Noi non lavoriamo per ottenere una proroga" dalla Corte di Strasburgo - che ha condannato l'Italia per trattamento disumano nelle carceri dandole tempo fino a maggio per adeguarsi - "ma per risolvere interamente il problema. Io ritengo che la Corte sia in condizione di valutare la serietà e oggettività dei passi che un paese compie e trarne un equo giudizio". Lo ha detto il capo del Dap, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino, a margine di un convegno organizzato a Regina Coeli dal Coordinamento enti e associazioni volontariato penitenziario-Seac, a pochi giorni dalla trasferta a Strasburgo del ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri. Tamburino ha sottolineato che Strasburgo ha dato "una valutazione molto positiva" del lavoro che l'Italia sta facendo, e allo stesso tempo "l'Europa ci ha detto: vi terremo d'occhio e mese per mese vorremo sapere come procede". "È difficile pensare che solo con le misure finora prospettate riusciremo a ottenere al 100% le soluzione che la Corte ci chiede", ha spiegato Tamburino, che si è rifatto al messaggio del Presidente della Repubblica sulle carceri inviato alle Camere un mese fa. "Io credo che il messaggio del Capo dello Stato colga la necessità di un intervento straordinario", ha detto il numero uno del Dap. Un provvedimento di clemenza?, gli è stato chiesto. "Un intervento straordinario - ha risposto - può essere modulato con diverse soluzioni di carattere giuridico. La più tradizionale è quella dell'indulto e dell'amnistia, ma non è detto che sia solo questo, ci possono essere anche altri strumenti di natura eccezionale legati alla contingenza". Tamburino non si è addentrato oltre, ma il riferimento potrebbe essere a un forte intervento di depenalizzazione.

Ogni recluso costa 100-120 euro al giorno

Riguardo ai costi del sistema carcere nel suo complesso, "ogni anno 2.800 milioni di euro vengono assegnati dal bilancio dello Stato al settore", ha spiegato Tamburino, "l'80-85% dei quali sono costi fissi, non modificabili nel breve periodo", come i costi del personale - che pure è stato "toccato dai tagli legati alla razionalizzazione delle risorse" - e delle strutture, "200 istituti per 400mila metri quadri di superfici". Al Dap nel suo complesso afferiscono "circa 40mila persone". Quanto al "costo giornaliero per ogni detenuto è tra i 100 e i 120 euro". Ma c'è anche un costo di altra natura, "un costo umano, che spesso è difficile da quantificare, legato alla diminuzione dell'abilità sociale, lavorativa, psico-fisica e a volte anche etica del detenuto. Un costo che diventa anche costo economico. Su questo piano noi abbiamo solo cifre sui flussi di recidiva - ha detto Tamburino - mentre molto c'è da fare, ed è essenziale il ruolo del volontariato, nella valutazione del dopo carcere per gli ex detenuti".

Un call center per segnalazioni detenuti

"Ci sono già detenuti che lavorano molto bene per dei call center. Perché non farne uno per le segnalazioni che riguardano gli stessi detenuti?". È la proposta lanciata oggi dal capo del Dap, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino, nel corso di un convegno cui costi del carcere organizzato a Regina Coeli dal Coordinamento enti e associazioni volontariato penitenziario-Seac. Tamburino ha ricordato l'esperienza dei call center che coinvolge detenuti di Padova, Bollate e Roma "gestiti in maniera eccellente" e ha prospettato l'intenzione di estendere questo modello anche per l'apertura di un call center dedicato alle segnalazioni di situazioni di disagio degli stessi detenuti.

Agi,novembre 2013

venerdì 8 novembre 2013

LA RIEDUCAZIONE IN CINA



Una lettera da un campo di lavoro cinese

Una donna la trovò in un pacco di decorazioni di Halloween, sei mesi fa: il New York Times forse ha trovato il suo autore


letteracina
Il New York Times ha ripubblicato un’immagine della prima pagina della lettera, che sembra scritta su una pagina strappata da un’agenda, scritta in un inglese che contiene diversi errori e in cui sono inserite diverse espressioni in cinese (la foto accanto si ingrandisce con un clic):

Sir:
If you occassionally buy this product, please kindly resend this letter to the World Human Right Organization. Thousands people here who are under the persicution of the Chinese Communist Party Government will thank and remember you forever.
This product produced by Unit 8, Department 2 Mashanjia Labour Camp, Shenyang, Liaoning, China (serie di circa 20 ideogrammi cinesi).
People who work here, have to work 15 hours a day without Saturday-Sunday break and any holidays. Otherwise, they will suffer torturement (ideogrammi) beat and rude remark (ideogrammi). nearly no payment (10 yuan / 1 month).
People who work here, suffer punishment 1-3 years averagelly, but without Court Sentence (unlaw punishment) (ideogrammi). many of them are Falungong practitioner, who are totally innocent people. only because they have different believe to CCPG (ideogrammi), they often suffer more punishment than others.

Signore,
se per caso ha comprato questo prodotto, per favore sia così gentile da inviare questa lettera all’Organizzazione Mondiale per i Diritti Umani. Migliaia di persone perseguitate dal governo del Partito Comunista Cinese la ringrazieranno e ricorderanno per sempre.
Questo prodotto [è stato] creato dall’Unità 8, Dipartimento 2 del Campo di Lavoro di Mashanjia, [città di] Shenyang, [provincia di] Liaoning, Cina.
Le persone che lavorano qui devono lavorare 15 ore al giorno senza pause per il sabato e la domenica o per qualsiasi festività. Altrimenti vengono torturate, picchiate e insultate. Non c’è quasi pagamento (10 yuan [1,2 euro] al mese).
Le persone che lavorano qui sono punite in media 1-3 anni, ma senza una sentenza di tribunale (punizione illegale). Molti di loro sono fedeli del Falun Gong, persone assolutamente innocenti [che sono punite] solo perché hanno convinzioni diverse rispetto al Partito Comunista Cinese. Spesso loro soffrono punizioni più severe rispetto agli altri.
L’autore della lettera diceva di essere un prigioniero del campo di lavoro di Masanjia, nella provincia nordorientale di Liaoning, a qualche centinaio di chilometri dal confine con la Corea del Nord. Diceva che il prodotto era frutto del lavoro dei prigionieri del campo, che lavoravano 15 ore al giorno senza avere alcun giorno di pausa, ricevendo una paga bassissima e venendo sottoposti a torture e abusi da parte delle guardie.
La lettera ricevette molta attenzione e fece tornare d’attualità le condizioni nei campi cinesi di “rieducazione attraverso il lavoro”, un sistema di colonie penali in cui si può essere imprigionati fino a quattro anni senza un processo. Data anche l’impossibilità di verificarne l’autore, rimasero i dubbi sull’autenticità della lettera e si avanzò l’ipotesi che fosse un gesto dimostrativo di qualche gruppo di attivisti o di un artista che desiderava portare l’attenzione sul caso.
Negli ultimi mesi è in corso in Cina un dibattito definito dal New York Times “insolitamente aperto” sul futuro dei campi di rieducazione, e decine di ex prigionieri hanno raccontato la propria storia. Nel corso di una serie di interviste con gli ex prigionieri, in mezzo alle descrizioni di torture e violenze (pestaggi, detenuti incatenati per ore, giorni di privazione del sonno), un uomo di 47 anni ha detto di aver scritto segretamente una ventina di lettere nel corso di due anni, che ha poi inserito in confezioni con l’imballaggio scritto in inglese, nella speranza che arrivassero in Occidente.
L’uomo, che si è voluto identificare solo con il cognome “Zhang” per timore di ritorsioni, abita a Pechino ed è membro del Falun Gong, un movimento spirituale fondato in Cina nei primi anni Novanta e che è pesantemente perseguitato dal governo cinese. I membri del Falun Gong, insieme agli oppositori politici e ai piccoli criminali, costituiscono gran parte della popolazione del sistema cinese dei “campi di lavoro” e, nel caso di Masanjia, sono circa la metà dei prigionieri. Spesso sono bersagliati più degli altri dalle guardie, in particolare se non rinunciano alla propria fede.
Nel corso della sua prigionia, ha detto l’uomo, ha fantasticato a lungo sulla possibilità che le sue lettere venissero ritrovate all’estero, ma ha aggiunto: «Con il passare del tempo ho smesso di sperare e me ne sono dimenticato». La testimonianza dell’uomo dal campo di Masanjia, scrive ilNew York Times, è confermata da altre simili di ex prigionieri. La sua calligrafia e la sua scarsa conoscenza dell’inglese sembrerebbero confermare che l’autore delle lettere è lui, aggiunge il giornale americano con molta cautela.
Per scrivere le lettere, Zhang, rilasciato dal campo di prigionia nel 2010, ha lavorato di notte e di nascosto dagli altri detenuti, con carta e penna rubate mentre stava pulendo in alcuni uffici. Tutta la vicenda ha anche un altro risvolto: la scatola di decorazioni di Halloween è arrivata in un supermercato della catena Kmart di Oregon, negli Stati Uniti, in cui è vietato vendere prodotti frutto di lavoro forzato (i rappresentanti di Kmart hanno detto che non hanno riscontrato irregolarità tra i propri fornitori). Il NYT descrive così il lavoro all’interno del campo:
Molto del lavoro consisteva nel produrre abiti per il mercato cinese o uniformi per la Polizia Armata del Popolo. Ma i detenuti dicono che hanno anche prodotto ghirlande natalizie destinate alla Corea del Sud, imbottiture di cappotti con piume d’oca che avevano l’etichetta “Made in Italy” e fiori finti che sarebbero stati venduti negli Stati Uniti, secondo quanto ripetevano le guardie. «Quando stavamo facendo prodotti per l’esportazione, dicevano “È meglio se fate molta attenzione con questi”», ha detto Jia Yahui, 44 anni, un ex prigioniero che ora vive a New York.
Da " IL POST"

mercoledì 6 novembre 2013

DETENUTI PRESENTI NEI CARCERI ITALIANI AL 31 OTTOBRE 2013

Detenuti presenti e capienza regolamentare degli istituti penitenziari per regione di detenzione - Situazione al 31 ottobre 2013

Regione
di
detenzione
Numero
Istituti
Capienza
Regolamentare
(*)
Detenuti
Presenti
di cui
Stranieri
Detenuti presenti
in semilibertà (**)
TotaleDonneTotaleStranieri
Abruzzo81.5342.02273255120
Basilicata3441438175720
Calabria132.4812.74757344170
Campania175.8078.0923669662203
Emilia Romagna122.3683.7671432.0074710
Friuli Venezia Giulia554881225464226
Lazio144.7997.1004992.9067012
Liguria71.0591.775721.030296
Lombardia195.8838.9085673.978678
Marche78471.0433045520
Molise339146705520
Piemonte133.8434.7731772.344407
Puglia112.4653.846209721813
Sardegna122.5862.05737689200
Sicilia265.5407.0091511.1971045
Toscana183.2754.1241652.2137221
Trentino Alto Adige22804131930142
Umbria41.3421.61160643150
Valle d'Aosta1181234016932
Veneto101.9983.0851331.792315
Totale nazionale20547.66864.3232.80022.58686090
(*) Il dato sulla capienza non tiene conto di eventuali situazioni transitorie che comportano scostamenti temporanei dal valore indicato. 
(**) I detenuti presenti in semilibertà sono compresi nel totale dei detenuti presenti.
Fonte: Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato statistica ed automazione di supporto dipartimentale - Sezione Statistica

PER IL LANCIO DI UN SASSO

Maltrattamenti e torture: la condizione dei giovani palestinesi nelle carceri israeliani



Tel Aviv  – L’Esercito israeliano, per bocca del suo portavoce, ha annunciato che alcune procedure relative all’arresto e alla detenzione dei minori palestinesi, verranno riformate per venire incontro alle raccomandazioni che, nei mesi scorsi, l’UNICEF aveva rivolto alle autorità israeliane.
Nel rapporto dell’agenzia delle Nazioni Unite, venivano infatti denunciati “maltrattamenti diffusi, sistematici e istituzionalizzati“. Il Governo di Tel Aviv, al momento dell’uscita del rapporto, si era dichiarato disponibile a cooperare per assecondare alcune delle richieste presenti nel documento. A ben guardare però, dietro le dichiarazioni di facciata, appare oggi evidente come le autorità israeliane non abbiano alcuna intenzione di modificare il loro modus operandi.
Infatti, delle 38 raccomandazioni presenti nel rapporto, soltanto 3 sono state prese in considerazione.  Eppure, la situazione complessiva descritta dal documento, avrebbe richiesto ben altri interventi per rimediare ad una serie di pratiche in palese violazione delle più elementari norme del diritto internazionale e delle convenzioni sui diritti dei minori. Per capire di cosa si sta parlando e della dimensione del problema, è utile partire dai numeri: attualmente, secondo alcune ong che si occupano di fornire assistenza ai giovani detenuti palestinesi ed alle loro famiglie, nelle carceri israeliane sono rinchiusi circa 200 minori. Ogni anno sono 700 i ragazzi tra i 12 ed i 17 anni arrestati dall’Esercito israeliano. Nella maggioranza dei casi, sono accusati di lanciare sassi nei confronti di soldati che presidiano gli insediamenti ebraici in Cisgiordania. Un reato che può comportare fino a 6 mesi per chi ha dai 12 a 13 anni e fino a 10 anni per bambini dai 14 ai 15 anni.  In più occasioni i vertici dell’Esercito hanno cercato di giustificarsi accusando le organizzazioni armate palestinesi di ricorrere ai bambini per compiere le loro azioni, ma proprio il reato di cui sono generalmente imputati i ragazzi fermati, cioè il lancio di sassi, smentisce tali accuse, rendendo ancora più inaccettabili i brutali trattamenti cui sono sottoposti.
Negli oltre 400 casi documentati dall’UNICEF, quella che viene ricostruita, è una prassi costante e generalizzata, che non trova altra giustificazione se non nella volontà di umiliare e terrorizzare i ragazzi colpiti da questi provvedimenti. Gli arresti vengono di norma effettuati di notte, con l’irruzione dei militari israeliani nelle abitazioni dei sospetti, attraverso l’impiego di bombe assordanti e con il deliberato danneggiamento del mobilio.  I ragazzi vengono trascinati via bendati e legati per i polsi con legacci di plastica. Ai genitori non solo non viene permesso di accompagnarli, ma spesso non viene nemmeno comunicata la destinazione o il reato di cui sono accusati. Il viaggio verso i centri di detenzione può durare anche molte ore, durante le quali non viene permesso loro di recarsi al bagno o di usufruire di acqua e cibo.  Una volta giunti nei commissariati, i giovani palestinesi vengono sottoposti ad interrogatori senza l’assistenza di un legale e senza la presenza di un parente. Non vengono informati dei loro diritti, tra cui quello di non auto-accusarsi, e  per far loro confessare i reati di cui vengono incolpati, vengono di norma sottoposti a pressioni psicologiche e fisiche. Durante gli interrogatori restano legati alla sedia in posizioni scomode e dolorose anche per parecchie ore. Alla fine, costretti a confessare, firmano documenti redatti in ebraico, senza avere la minima idea di cosa vi sia scritto. É solo al momento dell’udienza nel Tribunale militare per minori che i giovani detenuti hanno il primo incontro con il loro avvocato.
Inoltre, essendo la documentazione del caso prodotta solo in lingua ebraica, appare evidente come sia difficile poter garantire agli imputati un processo equo. La custodia cautelare in questi casi può essere estesa fino a 188 giorni e non è previsto il rilascio su cauzione. Lo stesso periodo di detenzione, come denunciato dalle testimonianze di molti ragazzi, è accompagnato da violenze ed umiliazioni. Inoltre, la detenzione ha luogo in carceri situate sul territorio israeliano, che rendono estremamente difficoltose le visite dei genitori, a causa delle leggi che vietano ai palestinesi della Cisgiordania di viaggiare all’interno di Israele in assenza di appositi permessi, molto difficili da ottenere. A fronte di questi trattamenti crudeli e disumani,  e delle evidenti conseguenze sull’equilibrio psicologico di questi ragazzi, il Governo israeliano ha accettato solamente di interrompere gli arresti notturni, di ridurre il tempo di detenzione prima di vedere un giudice (24 ore per i bambini di 12-13 anni e due giorni per i bambini di 14-15 anni) e di separare le udienze dei bambini da quelle degli adulti. Ben poco rispetto a quanto denunciato dall’UNICEF.  Eppure, i nostrani campioni della difesa dei diritti umani (....) non sembrano interessati ad esercitare pressioni per porre fine a questo stato di cose.
Massimiliano Frassy

martedì 5 novembre 2013

CARENZA DI DIRIGENTI PENITENZIARI.IL SIDIPE SCRIVE AI PRESIDENTI DELLE COMMISSIONI GIUSTIZIA DELLA CAMERA E DEL SENATO

                                                                                                                             COMUNICATO STAMPA

Sindacato Direttori Penitenziari
- Segreteria Nazionale –

Il Si.Di.Pe. scrive ai Presidenti delle Commissioni Giustizia della Camera del Senato e chiede il loro intervento per impedire la riduzione dei Dirigenti penitenziari.Il Si.Di.Pe. – sindacato che raccoglie il maggior numero dei dirigenti penitenziari di diritto pubblico - ha scritto oggi ai Presidenti delle Commissioni Giustizia della Camera dei Deputati. Donatella Ferranti, e del Senato della Repubblica, Senatore Nitto Francesco Palma, per chiedere il loro intervento, affinché sia evitata l’assurdità di una riduzione dei dirigenti penitenziari,dopo che l’attuale Ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri, il 17 ottobre scorso, in occasione del suo intervento in Commissione Giustizia della Camera, nel riferire in ordine alla grave situazione penitenziaria ed alla complessità del sistema penitenziario, ha paventato la “possibile applicazione di ulteriori tagli a seguito della spending review” nei confronti della dirigenza penitenziaria, nonostante le rassicurazioni del precedente governo, e specificamente dell’allora Ministro della Giustizia Paola Severino.
Ai Presidenti delle Commissioni Giustizia il Si.Di.Pe. ha rappresentato che una tale eventualità preoccupa e sconcerta, perché la situazione delle carceri è drammatica ed una riduzione dei dirigenti penitenziari si pone in contraddizione non solo con le dichiarazioni politiche di grande attenzione sin qui pervenute nei confronti del sistema penitenziario, ma anche con le necessità obbiettive che discendono tanto dall’apertura di nuove carceri e di nuovi padiglioni detentivi, attraverso il cd. “Piano Carceri”, quanto dalla circostanza che sono in corso di esame progetti di riforma destinati ad aumentare anche il ricorso alle misure alternative (in data 09.10.2013 la Commissione Giustizia del Senato, in sede referente, ha approvato in via definitiva il Disegno di legge n.925 contenente “Delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili”, già approvato dalla Camera dei deputati).
Purtroppo, però, in assenza di dirigenti penitenziari, nel cui ruolo l’ultima immissione risale al lontano 1997 ed i cui pensionamenti non trovano rimpiazzo, si determinerà l’impossibilità di garantire la copertura delle sedi penitenziarie e l’attuazione delle misure alternative.Il Si.Di.Pe. ha già scritto il 25 ottobre scorso al Guardasigilli Cancellieri chiedendo di impedire che sia compiuta un’assurdità pericolosissima per il sistema penitenziario del nostro Paese, già al collasso.Il ruolo della dirigenza penitenziaria è, infatti, essenziale poiché ad essa è demandato per legge il compito di assicurare il governo del sistema dell’esecuzione penale. Difatti la riduzione ulteriore deidirigenti penitenziari finirebbe con il privare ulteriormente molte carceri del suo direttore in sede,situazione questa gravissima perché il direttore è il primo garante dei principi di legalità nell’esecuzione penale, essendo armonizzatore delle esigenze di sicurezza e trattamentali, in quanto responsabile dell’ordine e della sicurezza penitenziaria ma anche del trattamento rieducativo delle persone detenute.
Poiché la questione è di estrema delicatezza e rischia di dare il colpo finale alle carceri italiane, il Si.Di.Pe. ha fatto appello alla sensibilità dei Presidenti delle Commissioni Giustizia della Camera e del Senato chiedendo loro di valutare ogni più utile iniziativa per impedire un’assurdità che porterà il sistema penitenziario all’assoluta impossibilità di assicurare il proprio mandato istituzionale di garanzia della sicurezza dei cittadini e di recupero della persone detenute, nel rispetto dei principi fissati dalla Costituzione dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali.


                                                        Il Segretario Nazionale
                                                           Rosario Tortorella

RITA BERNARDINI

ELETTA SEGRETARIO DI RADICALI ITALIANI. 

ELETTA SEGRETARIO DI RADICALI ITALIANI. LA MIA INTERVISTA A CLANDESTINOWEB3 novembre 2013

Rita Bernardini è tornata alla guida di Radicali Italiani. Nel giorno di chiusura del XII Congresso che si è svolto a Chianciano, in provincia di Siena, dal 31 ottobre al 3 novembre, è stata eletta come nuovo segretario. L’incarico le stato conferito al termine di una votazione che ha visto 144 voti a suo a favore contro soli 50 contrari.
La redazione di Clandestinoweb ha raggiunto telefonicamente la neo-eletta, pochi minuti dopo la notizia ufficiale del nuovo incarico.
Complimenti per il nuovo ruolo che è chiamata a dirigere innanzitutto. Qual è il suo commento su questa vittoria?
 “Non parlerei di vittoria ma di un esito bellissimo e di un congresso difficile che ha trovato la propria unità di lotta su obiettivi radicali, a partire dal tema dell’amnistia, del carcere legale a cui ormai siamo obbligati dalla Corte Europea, in merito anche a quanto affermato dallo stesso presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano e dal ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri”.
 Qual è il suo giudizio in merito al XII Congresso di Radicali Italiani che oggi si chiude, e in particolare, come commenta l’intervento del ministro della Giustizia Cancellieri?
 “Peccato che io sia poco potente e importante altrimenti avrebbero sicuramente intercettato anche i miei dati. Tante, tantissime sono state le volte in cui ho chiamato il Dap in merito alle condizioni dei detenuti, alcuni lontani dalle loro famiglie. In alcuni casi condizioni disumane e centinaia sono stati gli interventi”.