mercoledì 26 febbraio 2014

DE PASQUALE (Si.P.Pe.) SUL NUOVO MINISTRO ORLANDO

ANDREA ORLANDO IL NUOVO MINISTRO DELLA GIUSTIZIA. SIPPE, AUSPICHIAMO SCELTE CORAGGIOSE PER IL SISTEMA PENITENZIARIO E PER LA POLIZIA PENITENZIARIA



Il 45enne Andrea Orlando, deputato ligure del Partito Democratico è il nuovo ministro della giustizia. "Auspico che il neo ministro si interessi in modo energico e serio a tutte le vicende delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria - dichiara il Segretario Generale del Si.P.Pe. Alessandro De Pasquale che aggiunge - Nel Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria occorre un vero e coraggioso cambiamento perchè solo così sarà possibile dare un futuro al Corpo di Polizia Penitenziaria e risolvere tutte le questioni legate anche al sovraffollamento degli istituti penitenziari". "Occorre un ministro - aggiunge De Pasquale - che abbia il coraggio di restituire tutti i poliziotti penitenziari ai servizi istituzionali".

mercoledì 19 febbraio 2014

VACANZE SINDACALI ? INTERROGAZIONE AL MINISTRO DI DEPUTATI DEL MOVIMENTO 5 STELLE






Atto Camera
Interrogazione a risposta scritta 4-03615
presentato da VILLAROSA Alessio Mattia 

Venerdì 14 febbraio 2014, seduta n. 174
VILLAROSA, BUSINAROLO, BENEDETTI, VACCA, SIBILIA, CORDA, COMINARDI, PESCO,
ALBERTI e TOFALO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, Al Ministro della giustizia, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. 

Per sapere – premesso che:

il quotidiano La Notizia Giornale, del quale è direttore responsabile il dottor Gaetano Pedullà, il 4 febbraio 2014 ha pubblicato un articolo dal seguente titolo: «In vacanza in Australia col permesso del sindacato – Dirigente del Dap posta le foto della missione – Trentacinque giorni pagati dallo Stato;
l'articolo si riferisce ad un agente di polizia penitenziaria sindacalista, componente dello staff del provveditore dell'amministrazione penitenziaria per il Lazio, che, in permesso sindacale retribuito,cioè pagato dallo Stato, si è recata in vacanza in Australia;
infatti, il mese scorso, il sindacato denominato CNPP (Coordinamento nazionale polizia
penitenziaria), a capo del quale sin dal 2001 c’è Giuseppe Di Carlo, ha chiesto 35 giorni di cumulo di permessi sindacali in favore dell'agente Luana Scalise, a far data dal 20 gennaio al 28 febbraio 2014; fatto apparentemente lecito, se non fosse che l'agente in questione, invece di svolgere attività sindacale a tutela dei diritti dei lavoratori, si trova, proprio in questo periodo, nostro malgrado, in vacanza nell'altra parte del mondo, fatto palesemente testimoniato da alcune foto messe sulla sua bacheca Facebook, ove la stessa viene prima ritratta con i biglietti aerei in mano per l'Australia e poi viene immortalata in affascinanti località dell'Oceania;
i cumuli di permessi sindacali per le forze di polizia ad ordinamento civile, devono essere
richiesti, esclusivamente, per svolgere il mandato sindacale; infatti, l'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 2002, recita: «Per l'espletamento del loro mandato, i dipendenti della Polizia di Stato, del Corpo di polizia penitenziaria e del Corpo forestale dello Stato,che ricoprono cariche di dirigenti sindacali in seno agli organismi direttivi delle organizzazioni sindacali rappresentative sul piano nazionale ai sensi della normativa vigente, nonché i dirigenti sindacali che, pur avendone titolo, non sono collocati in distacco sindacale ai sensi dell'articolo 31, possono fruire di permessi sindacali con le modalità e nei limiti di quanto previsto dal presente articolo»;
il comma 9 del predetto articolo chiarisce altresì: «I permessi sindacali di cui al presente
articolo sono a tutti gli effetti equiparati al servizio prestato nell'amministrazione e sono retribuiti ...».
In pratica, l'agente in questione gode di fatto di un periodo di ferie a spese degli italiani;
tutto questo avviene mentre l'Unione europea ha sanzionato l'Italia per le condizioni disumane delle carceri e dove, a far fronte ad un esercito di detenuti, ci sono meno di 38 mila agenti della polizia penitenziaria, perché buona parte di loro sono impiegati nei Ministeri, nelle segreterie dei provveditori e, nostro malgrado, anche in vacanza a spese dello Stato nei Paesi esotici –:
se il Governo, nell'ambito delle proprie competenze, intenda assumere iniziative per osteggiare con fermezza questi privilegi dei sindacati e quali azioni concrete intenda adottare, anche alla luce del danno economico patito dallo Stato, in merito alla vicenda descritta dal quotidiano la Notizia Giornale. (4-03615)

martedì 11 febbraio 2014

ESPOSTO DI SABELLA SUL PIANO CARCERI


Nuove ombre su Palazzo Chigi. I pm di Roma indagano su Angelo Sinesio, braccio destro del ministro della Giustizia. Caos sul piano carceri. Nel mirino appalti sospetti e consulenze d'oro. L'inchiesta dei magistrati romani, come svela Repubblica, nasce da un esposto di Alfonso Sabella, ex pm di Palermo ai tempi di Caselli ed ex magistrato del Dap.
Le accuse riguardano Sinesio, prefetto che è stato vice della Cancellieri ai tempi di Catania, capo della segreteria tecnica ai tempi del Viminale e ora suo braccio destro per il tema carceri. Il rapporto, spiega Repubblica, parla di cattiva gestione negli appalti del Piano carceri. Un investimento da 470 milioni di euro. Secondo l'esposto di Sabella, il Piano carceri sarebbe frutto di "un’appropriazione indebita" perché spaccia per propri interventi fatti dal DapSec e dal ministero delle Infrastrutture, "come i nuovi padiglioni di Modena, Terni, S. Maria Capua Vetere, Livorno, Catanzaro, Nuoro".
In tal modo sarebbero stati gonfiati i numeri dei posti realizzati. Nelle gare ci sarebbero stati "ribassi palesemente fuori mercato che determinano difficoltà tali da presumere che sarà impossibile finire i lavori". Ma nel mirino anche le consulenze. La selezione pubblica sarebbe stata fatta, secondo i pm, in maniera quantomeno dubbia. L’avviso "è stato pubblicato non sulla Gazzetta ufficiale, bensì solo sul link…, di un link…, di un link…, nel sito del Piano. Per trovare il bando bisogna cliccare su “trasparenza”, poi “atti”, poi “decreti commissariali”, poi “decreti vari”, poi “avviso pubblico di selezione”. Solo gli autori potevano fare domanda in sette giorni".

da " Affari Italiani "  11.02.2014


INCHIESTA

Giustizia, appalti sospetti per le carceri

Dossier contro Sinesio, uomo di fiducia di Cancellieri. In ballo 470 mln. E un posto da 10 mila al mese.

Nuovi guai in vista per Anna Maria Cancellieri dopo lo scandalo delle telefonate con i Ligresti nell'ambito della vicenda giudiziaria legata a Fonsai. Stavolta, a mettere in imbarazzo il ministro della Giustizia, potrebbe essere uno dei suoi più fidati collaboratori, Angelo Sinesio, commissario per le Carceri e da anni uomo di fiducia della Guardasigilli, di cui è stato viceprefetto a Catania.
Quando lei era al Viminale, lui era capo della segreteria tecnica, ora si occupa del Piano carceri. E secondo quanto svelato da Repubblica, contro di lui c'è un dossier, presente sul tavolo del ministero e su quello dei pm di Roma, Paolo Ielo e Mario Palazzi. Si tratta di una vicenda di appalti poco trasparenti, roba da 470 milioni di euro.

REATI DA ACCERTARE. Impossibile parlare di reati prima che sia la procura a farlo, ma le ombre ci sono eccome. A denunciarle è stato Alfonso Sabella, attualmente vicecapo dell’organizzazione giudiziaria del ministero, pm a Palermo quando era procuratore Giancarlo Caselli, due esperienze al Dap (dipartimento di Amministrazione penitenziaria), prima con Caselli e poi con il ministro Nitto Palma.
Da direttore delle risorse, Sabella ha scoperto come gli appalti fossero ben più cari e redditizi delle ristrutturazioni. Propose un piano da 200 milioni per recuperare 70 mila posti, contro uno che prevedeva una spesa di 700 milioni per incrementare la capienza delle strutture di 9 mila unità.

«DATI NON CORRETTI». Il piano fu presentato alla Camera da Sinesio il 22 ottobre 2013, suscitando l'immediata reazione di Sabella, che con una lettera al direttore del Dap Giovanni Tamburino denunciò immediatamente l'utilizzo di «dati non corretti e circostanze non veritiere», e un «non fruttuoso impiego di risorse pubbliche» e descrisse il Piano carceri come il frutto di «un’appropriazione indebita» perché spacciava per suoi interventi fatti dal Dap e dal ministero delle Infrastrutture, «come i nuovi padiglioni di Modena, Terni, S. Maria Capua Vetere, Livorno, Catanzaro, Nuoro» allo scopo di  gonfiare «virtualmente il numero dei posti che avrebbe realizzato il commissario».
L'incongruenza dei numeri, secondo Sabella, è evidente, perché prima si garantiscono 9.050 posti con 696,5 milioni, poi si arriva a parlare di 12 mila con 470 milioni.

L'accusa: «Gare anomale e ribassi fuori mercato»

Ma non basta, perché l'ex pm ha rilevato anche anomalie nelle gare «con ribassi palesemente fuori mercato (in media il 48% con una punta del  54%) che determinano difficoltà tali da presumere che sarà impossibile finire i lavori».
Un altro inghippo sta nell'avviso di pubblica selezione per il responsabile della struttura amministrativo-finanziaria che tiene la cassa da 500 milioni.
L’avviso, ha spiegato Sabella, «è stato pubblicato non sulla Gazzetta ufficiale, bensì solo sul link..., di un link..., di un link..., nel sito del Piano.
Per trovare il bando bisogna cliccare su 'trasparenza', poi 'atti', poi 'decreti commissariali', poi 'decreti vari', poi 'avviso pubblico di selezione'. Solo gli autori potevano fare domanda in sette giorni».

INDIRIZZO EMAIL SBAGLIATO. Non basta, perché pure arrivandoci si sarebbe finiti davanti a un indirizzo email sbagliato: pianocerceri@interpec.it, con una 'e' al posto della 'a' di carceri.
Un ruolo decisamente interessante quello di responsabile della struttura amministrativo-finanziaria, che prevede uno stipendio 10mila euro al mese. Ad aggiudicarselo è stata Fiordalisa Bozzetti, commercialista di Firenze, moglie di Mauro Draghi, scelto dall’ex commissario Franco Ionta come coordinatore di tutte le progettazioni. Un evidente caso di conflitto di interessi, secondo Sabella, che ha descritto Draghi come «un  funzionario senza esperienze professionali nell’edilizia penitenziaria, prima ha progettato solo una cappella, e neppure dentro un carcere».
Quindi sarebbe stato autore del progetto del carcere di Catania «che per i tecnici del Dap presenta gravissimi errori concettuali e progettuali».
Secondo Sinesio «con 10 milioni e in 90 giorni il Piano ha fatto quello che il Mit doveva fare con 21,5 milioni e in 240 giorni». Ma Sabella si è detto convinto che il Piano abbia «realizzato sistemazioni esterne e riqualificazione interna, mentre il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti prevedeva numerose altre opere».

AFFIDAMENTI INDIVIDUALI AL POSTO DI GARE PUBBLICHE. Sarebbe inoltre «oggettivamente falso» che alla gara siano state invitate esclusivamente ditte affidabili del Dap: «Le imprese invitate sono 10, di cui solo tre nella lista Dap», ha spiegato Sabella.
Il tutto, nella maggior parte dei casi, non con gare pubbliche, ma attraverso affidamenti individuali, con appalti suddivisi in due parti, con costi raddoppiati e violazione delle norme antimafia.
Sinesio ha smentito ogni addebito alla Camera, ma Sabella ha rincarato la dose denunciando anche un piano per vendere «San Vittore, Piazza Lanza, Regina Coeli, Giudecca e Santa Maria Maggiore» e dicendosi «preoccupato per possibili illeciti appetiti che l’operazione può  determinare».
A tutto questo si deve aggiungere che «ancora oggi i cantieri non sono stati avviati, né sono state affidate le direzioni lavori, per cui decorsi quattro anni dalla dichiarazione dello stato di emergenza e due dalla nomina di Sinesio, è avviato un solo padiglione a fronte di oltre 450 milioni immobilizzati nella contabilità speciale».

Martedì, 11 Febbraio 2014
da "Lettera 43"

venerdì 7 febbraio 2014

SOVRAFFOLAMENTO ED ESTRADIZIONE DETENUTI STRANIERI

Lettere: carceri sovraffollate, la soluzione è estradare i detenuti stranieri





di Bruno Ferraro (Presidente Aggiunto Onorario Corte di Cassazione)






È un problema del quale ho cognizione indiretta oggi, ma diretta e personale in passato, visto che negli anni Novanta me ne sono occupato come direttore di tutto il personale civile dell'amministrazione penitenziaria (ministri l'onorevole Martelli e il professor Vassalli). Su di esso, pertanto, sono in grado di esprimere le mie osservazioni senza essere condizionato da facili suggestioni e senza essere tentato come troppo spesso per tanti personaggi, da strumentalizzazioni di maniera.
Il cosiddetto pacchetto giustizia di fine anno 2013 prevede una serie di interventi per ridurre di 1700 detenuti le presenze nelle affollate carceri italiane: affidamento in prova ai servizi sociali fino ad un massimo di 4 anni di pena (contro gli attuali 3), arresti domiciliari per gli ultimi 18 mesi, espulsioni più facili per i detenuti stranieri, braccialetto elettronico solo nei casi di detenzione domiciliare. È la risposta al presidente Napolitano che, sulla scia di ripetuti moniti europei, aveva sottolineato "il dovere costituzionale e l'imperativo morale" di intervenire per eliminare il sovraffollamento degli istituti penitenziari (65.000 presenze a fronte di una capienza massima prevista dì 48.000): monito caduto nel vuoto perché un'ipotetica amnistia o indulto avrebbe potuto favorire l'ex premier Berlusconi (quando si dice che la persona del Cavaliere è una sorta di macigno, ma anche un alibi, sulla strada delle non riforme nel settore giustizia). Un'amnistia oggi sarebbe possibile, e forse anche opportuna, purché ne siano chiari i motivi e gli obiettivi, e non si tratti di un atto di clemenza fine a se stesso.
Non ha senso liberare un detenuto se, rientrato in società, non ha alcuna prospettiva, per cui sarà costretto nuovamente a delinquere. Con l'indulto si risolverebbe al momento il problema del sovraffollamento e però, senza un piano di prospettiva, la situazione tornerebbe a essere drammatica in breve tempo. Rimettendo in libertà migliaia di detenuti, si riduce inoltre l'efficacia della pena e si mette in discussione la sicurezza dei cittadini. D'altro canto, non capisco davvero le resistenze all'uso del braccialetto elettronico basate su una presunta tutela della privacy del soggetto, il quale senza il braccialetto e dentro un carcere non disporrebbe certamente di una situazione di maggiore riservatezza.
Il sovraffollamento, in buona sostanza, è determinato dal numero eccessivo di soggetti in custodia cautelare (cioè finiti in cella prima del giudizio definitivo) ed è su questo che occorre prima intervenire, utilizzando sistemi che hanno dato buoni risultati in altri Paesi. Un esempio: per i detenuti stranieri, in numero preponderante, sarebbe sufficiente concludere accordi con i loro Paesi per estradarli in esecuzione di pena, evitando la beffa di doverli mantenere nelle nostre carceri a spese dei contribuenti italiani.
Potrei continuare, ma mi fermo qui. Già negli anni Novanta le carceri italiane non erano al di sotto degli standard europei. Non sono affatto convinto che l'elevato numero di servizi all'interno delle nostre carceri (educatori, assistenti sociali, psicologi, volontariato esterno) le abbiano rese peggiori di quelle straniere di cui poco sì parla. Ma tant'è, noi italiani abbiamo una spiccata propensione a recitare il mea culpa a fini di polemiche interne e di facili strumentalizzazioni: dimenticando che ci siamo inventati di tutto (magistratura di sorveglianza, arresti domiciliari, detenzione domiciliare, semidetenzione, semilibertà) per ridurre il disagio" di finire in carcere.
Portando il discorso tino alle estreme conseguenze, mi sentirei invogliato a chiedere ai facili detrattori del carcere che cosa propongono di concreto come alternativa alla pena. Se la pena serve come risposta della società a chi con il reato ha messo in discussione i principi della convivenza sociale; se la funzione emendativa della pena è solo eventuale e concorrente, non certo primaria rispetto a quella repressiva; il problema dovrebbe essere non "meno carcere e più libertà", bensì "umanizzare e civilizzare" la permanenza negli istituti penitenziari. Ma tant'è, siamo nell'Italia del tutto e del suo contrario.

da "LIBERO" - 5 febbraio 2014

mercoledì 5 febbraio 2014

MISURE CONTRO IL SOVRAFFOLLAMENTO

Decreto svuota carceri: ecco le novità

Dai braccialetti elettronici all'espulsione dei detenuti stranieri con pene inferiori ai 2 anni



Decreto svuota carceri: ecco le novità
Garantire più diritti ai detenuti e soprattutto misure per sfoltire le carceri. Questi gli obiettivi del dl svuota carceri. Queste alcune delle più rilevanti novità:
- braccialetti elettronici diventano la regola, non l'eccezione. In caso di domiciliari il giudice li prescrive solo se necessari, d'ora in poi saranno previsti sempre a meno che (valutato il caso concreto) se ne escluda la necessità.
- Cambiano le regole anche sul piccolo spaccio. L'attenuante di lieve entità nel delitto di "detenzione e cessione illecita di stupefacenti" diventa reato autonomo. Per il piccolo spaccio cioè niente più bilanciamento delle circostanze, con il rischio che la recidiva porti a pene sproporzionate. Viene anche meno il divieto di disporre per più di due volte l'affidamento terapeutico al servizio sociale dei condannati tossico-alcool dipendenti. Ai minorenni tossicodipendenti sono applicabili le misure cautelari con invio in comunità.
Ampliato l'affidamento in prova. Si spinge fino a 4 anni il limite di pena che consente l'affidamento in prova ai servizi sociali, ma su presupposti piu' gravosi (periodo di osservazione) rispetto all'ipotesi ordinaria che resta sui 3 anni. Si rafforzano inoltre i poteri d'urgenza del magistrato di sorveglianza.
- Sale da 45 a 75 giorni a semestre, in via temporanea (dal 1 gennaio 2010 al 24 dicembre 2015) la detrazione di pena concessa con la liberazione anticipata. L'ulteriore sconto, che comunque non vale in caso di affidamento in prova e detenzione domiciliare, è applicato solo dopo la valutazione della meritevolezza del beneficio. Esclusi, comunque, i condannati di mafia o per altri gravi delitti (come omicidio, violenza sessuale, rapina aggravata, estorsione).
L'espulsione diventa, per i detenuti stranieri, una alternativa al carcere in molti più casi. Non solo vi rientra lo straniero che debba scontare 2 anni di pena, ma anche chi è condannato per un delitto previsto dal testo unico sull'immigrazione purchè la pena prevista non sia superiore nel massimo a 2 anni e chi è condannato per rapina o estorsione aggravate. Viene anche velocizzata a partire dall'ingresso in carcere la procedura di identificazione per rendere effettiva l'esecuzione dell'espulsione.
- Nasce il Garante nazionale dei diritti dei detenuti. Un collegio di tre membri, scelti tra esperti indipendenti, che resteranno in carica per 5 anni non prorogabili. Compito del Garante nazionale è vigilare sul rispetto dei diritti umani nelle carceri e nei Cie. Potrà acceder liberamente in tutte le strutture, chiedere informazioni e documenti oltre a formulare specifiche raccomandazioni all'amministrazione penitenziaria. Ogni anno trasmetterà al Parlamento una relazione sull'attività svolta.