mercoledì 14 maggio 2014

SCELTA ORGANICA SUL PIANO CARCERI DEL MINISTRO ORLANDO

Carceri: Orlando,piano deve tornare a Dap,stop schizofrenia 


Il Ministro Orlando

   (ANSA) - ROMA, 14 MAG - Attualmente alla guida del piano carceri c'e' un commissario, il Prefetto Angelo Sinesio. La gestione, inoltre, dovrebbe prevedere una sinergia tra ministero della Giustizia e ministero delle Infrastrutture che nel tempo ha mostrato non poche difficolta'.
Nel nostro Paese - ha detto Orlando, che oggi ha firmato con la Regione Lazio un protocollo sulle carceri - la gestione straordinaria non ha mai portato risultati entusiasmanti. Sul piano carceri dobbiamo tornare a una gestione ordinaria. Al di la' delle persone, che hanno messo tutto il loro impegno, si tratta di riportare in capo all'Amministrazione penitenziaria il piano. Ho ritenuto di non dover intervenire subito, perche' le esigenze legate alla sentenza della Corte di Strasburgo" che ha condannato l'Italia per il sovraffollamento carcerario, "erano prioritarie e intervenire in questa fase sulla gestione del piano avrebbe provocato il pericolo di uno stallo". 

mercoledì 7 maggio 2014

INSICUREZZA DI UN CARCERE

CLAMOROSA EVASIONE DAL CARCERE DI PALERMO

  





Valentin Frrokaj, evaso dal carcere Pagliarelli di Palermo.
Valentin Frrokaj, un albanese di 36 anni, detenuto dopo una condanna all'ergastolo per omicidio, è fuggito dal carcere Pagliarelli a Palermo. Avrebbe spezzato le sbarre della cella e si sarebbe calato con un lenzuolo dal lato di via Regione Siciliana.

RICERCATO CON L'ELICOTTERO. Numerose volanti sono uscite per dargli la caccia e si è alzato in volo anche un elicottero della polizia. L'uomo indossa un paio di jeans e una maglietta bianca.
L'evaso non è nuovo a gesti simili. Insieme con un compagno di cella, anche lui albanese, in carcere per rapina, a febbraio del 2013 era evaso dall'istituto di pena di Parma ed era stato riarrestato a Cassano D'Adda, nel Milanese, ad agosto 2014. Frrokaj sconta l'ergastolo per l'assassinio di un connazionale.
Mercoledì, 07 Maggio 2014

mercoledì 30 aprile 2014

CARCERI OLANDESI : PIU' PERSONALE CHE DETENUTI


Carceri Paesi Bassi
  • HOME 
  •  
  • MONDO 
  •  
  • Il problema delle carceri olandesi: pochi detenuti

Il problema delle carceri olandesi: pochi detenuti

Da qualche tempo ci sono più guardie che persone detenute, con conseguenze pesanti sui costi delle strutture e del personale


Di solito quando si parla di carceri, in Italia e non solo in Italia, a fare notizia è il sovraffollamento: la presenza di un numero eccessivo di persone detenute in strutture non abbastanza capienti. Nei Paesi Bassi, però, secondo gli ultimi dati diffusi dal Ministero della Giustizia, ci sono più guardie e dipendenti dei penitenziari che detenuti. Nel 2008 in tutti i Paesi Bassi, che hanno 17 milioni di abitanti, si contavano circa 15 mila persone detenute. Nel marzo del 2014 quel numero è sceso a 9.710, a fronte di 9.914 guardie; più o meno una guardia ogni detenuto, mentre negli Stati Uniti, per capirci, il rapporto è di uno a cinque e in Italia il dato più recente è del 2011 e parla di 35.458 guardie carcerarie per 67.104 detenuti, ossia di una guardia ogni 1,9 detenuti.
Nei Paesi Bassi il tasso di criminalità si è abbassato ma non di quanto è sceso il numero dei detenuti. Il portavoce del ministero della Giustizia, Jochgem van Opstal, ha commentato i dati dicendo che il governo sta «studiando quale sia la ragione del declino», ma sono in molti a pensare che le sentenze ele pene nei Paesi Bassi siano troppo leggere rispetto ai crimini commessi. Intanto il problema delle carceri è l’esubero di personale e l’alto costo per il mantenimento delle strutture: il ministero ha già in programma di chiudere alcuni istituti e di tagliare circa 3.500 dipendenti. Ci sono poi in discussione due diverse proposte per far fronte ai costi delle carceri: la prima – avanzata dalla coalizione di governo guidata dal partito del primo ministro Mark Rutte (VVD) e dal Partito laburista (PvdA) – prevede di far pagare 16 euro al giorno ai detenuti per almeno due anni; la seconda prevede la richiesta di un contribuito ai detenuti anche per i costi delle indagini e del processo.
Il tasso di popolazione carceraria nei Paesi Bassi non è comunque il più basso del mondo. Secondo i dati OCSE del 2009, sono l’India, l’Islanda e l’Indonesia ad avere il numero più basso di detenuti rispetto al numero di abitanti. In India, nel 2009, ogni 100 mila persone c’erano 33 detenuti. Nei Paesi Bassi erano 100 ogni 100 mila. Uno studio condotto nel 2013 dal Consiglio d’Europa fornisce dati più aggiornati sui paesi europei e risulta che i Paesi Bassi hanno attualmente 69,5 detenuti ogni 100 mila abitanti (l’Italia ne ha 110,7, mentre la posizione più bassa in classifica è occupata dalla Lettonia con 316 detenuti, e la più alta dalla Finlandia con 60,7).
da "IL POST "  del 15.04.2014 - Foto: l’ingresso del carcere di massima sicurezza di Vught, nella provincia del Brabante Settentrionale (ROBERT VOS/AFP/Getty Images

giovedì 24 aprile 2014

IL REALISMO POLITICO DEL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA ORLANDO

Audizione del Ministro della Giustizia Andrea Orlando in Commissione Giustizia del Senato della Repubblica 23 Aprile 2014

Estrapoliamo e pubblichiamo la parte dell'audizione relativa alle carceri.



Il Ministro ORLANDO


LA CONDIZIONE DELLE CARCERI


In primo luogo, l’attenzione non può che rivolgersi alle condizioni del carcere,condizioni che non soltanto confliggono con le indicazioni dell’art. 27 della Costituzione, ma ancor più distorcono le finalità del sistema della pena, producendo un meccanismo perverso che assorbe ogni risorsa disponibile a fronte di un impressionante tasso di recidiva.Se anche ci si volesse disinteressare della condizione inflitta ad uomini e donne, se pure si volesse ignorare il richiamo che viene da giurisdizioni internazionali alle quali abbiamo volontariamente aderito, è impossibile rimuovere un dato: il nostro è un sistema costoso che non produce sicurezza se lo si compara con gli altri sistemi del nostro continente.  
Il nostro sistema penale resta, infatti, o almeno è rimasto sino alle ultime innovazioni normative uno dei pochi in cui il carcere resta la forma quasi esclusiva di sanzione, a cui si accompagnano tassi di recidiva che sono impressionanti.Il Parlamento e i governi hanno avviato negli ultimi anni un’inversione di tendenza che ha attenuato questo dato ma non lo ha superato.La vicenda Torregiani con la condanna dell’Italia da parte di Strasburgo, deve costituire una occasione di riflessione complessiva e di crescita che vada al di là del mero superamento dell’emergenza.Il precedente Governo ha affrontato la drammatica emergenza del sovraffollamento carcerario e delle condizioni di vita delle persone detenute con due interventi normativi d’urgenza, il d.l. n. 78/2013 e il d.l. n. 146/2013.
Dopo l’insediamento del Governo,il Parlamento ha approvato la delega per la depenalizzazione dei reati di minore allarme sociale e per la implementazione della detenzione domiciliare, in una logica di ripensamento delle pene detentive, nonché misure per l’affidamento in prova ai servizi sociali con sospensione del processo, sul modello della Probation, già collaudato con successo per i minori. Per attuare queste due deleghe in tema di depenalizzazione e di detenzione domiciliare ho istituito una commissione di studio, per dare una celere attuazione. Come noto, poi, è in discussione un disegno di legge di iniziativa parlamentare di
riforma della custodia cautelare, in termini di maggior rigore dei presupposti per la sua adozione.
Si è così definita una tendenza legislativa volta all’introduzione di misure per la riduzione dei flussi detentivi in entrata (attraverso un più rigoroso regime della custodia cautelare, la depenalizzazione, l’affidamento in prova e le misure detentive domiciliari (in corso di attuazione), la rivisitazione delle sanzioni in materia di stupefacenti), e, dall’altro lato, la previsione di ulteriori misure per l’aumento dei flussi in uscita. I risultati ottenuti sin qui sul versante della diminuzione della popolazione carceraria sono sicuramente importanti, tuttavia non possono essere ritenuti risolutivi.
Sono notevolmente diminuiti ad esempio i flussi medi di ingresso, si sono significativamente ridotte le presenze di detenuti in attesa di primo giudizio (da oltre 21.000 alla data del 31 dicembre 2009 ai poco più di 10.000 in base ai dati di questo mese); è grandemente cresciuto il numero di detenuti ammessi a misure alternative (passando dai 12.455 alla data del 31.12.2009 ai 29.223 alla data del 31.12.2013). Trend apprezzabili ma non comparabili all’utilizzo delle pene alternative negli altri Paesi. Ma la questione carceri esige non semplicemente che questo processo, mi auguro, si sviluppi e si consolidi. Occorre, più in generale, ripensare il nostro modello penitenziario, per assicurarne l’efficienza di gestione e per tutelare al livello più alto possibile la dignità delle persone che vi sono ristrette e di quelle che vi lavorano. Sull’uno e sull’altro versante sono in corso ulteriori e, credo, importanti interventi.Il Ministero sta procedendo ad implementare questo sforzo con ulteriori misure,anche di carattere amministrativo:

 lo sviluppo degli ICAM e delle case famiglia protette;
 la definizione di convenzioni con le regioni per l’avvio di detenuti tossicodipendenti a centri regionali, nonché per la promozione del lavoro carcerario e delle condizioni di tutela della salute in carcere;
l’attuazione delle convenzioni internazionali, e la stipula di nuove, per avviare i detenuti stranieri a scontare la pena nel Paese di origine (da ultimo la convenzione con il Marocco)
 l’anticipazione della uscita dei detenuti dagli ospedali psichiatrici giudiziari;  
 il monitoraggio del rispetto del termine di legge, da ultimo, mio malgrado e malvolentieri prorogato, per la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari;
la razionalizzazione del patrimonio di edilizia carceraria (attraverso l’apertura di nuovi carceri e la chiusura di quelli minori, la cui dimensione ne rende ormai irrazionale l’utilizzo a causa di costi di gestione e del personale non più sostenibili).
Soprattutto, si stanno valutando e attuando iniziative per il miglioramento delle condizioni di vita dei detenuti che non si limitino alla dimensione minima dello spazio vitale, impostoci da Strasburgo (i famosi tre metri quadrati, condizione, è bene ricordarlo, considerata necessaria, ma non sufficiente dalla Corte), ma che assicurino condizioni carcerarie di qualità adeguata ad attuare il principio costituzionale della funzione rieducativa della pena. Strasburgo non ci parla solo di metri quadri ma del funzionamento del sistema penitenziario. In questa prospettiva si muovono iniziative congiunte con Regioni ed Enti locali, nonché mondo delle imprese e della scuola, per attività scolastiche e culturali in favore dei detenuti, lavoro all’esterno, lavoro volontario. Ho avvertito in questo quadro la necessità, a favore dei detenuti ed anche della collettività, di sensibilizzare le istituzioni e gli uffici il cui apporto è indispensabile:

le Regioni;
i procuratori generali delle corti d’appello, per promuovere le procedure di trasferimento all’estero delle persone condannate;
la magistratura di sorveglianza;
 i direttori di ospedali psichiatrici giudiziari.

Occorre, in tal senso anche il supporto di altri Ministeri, quale quello del Lavoro per dare copertura assicurativa ai detenuti lavoratori volontari in favore degli enti locali,quello dell’Università e ricerca per progetti di istruzione e cultura in favore dei detenuti.Malgrado gli sforzi messi in campo sin qui, sarà verosimilmente necessario un ulteriore correttivo normativo della disciplina attuale, per dare ottemperanza effettiva e puntuale alla sentenza Torregiani e altri, e mi riferisco alla necessità di prevedere un rimedio compensativo, circoscritto in favore dei detenuti che abbiano già subito trattamenti inumani e degradanti ai sensi dell’art. 3 della Convenzione EDU. Lo esige la Corte europea dei diritti dell’uomo e lo impongono le leggi internazionali che l’Italia ha liberamente assunto l’obbligo di rispettare. Auspico sul punto un confronto con il Parlamento.

mercoledì 2 aprile 2014

FINE PENA : MAI


L'ERGASTOLO NON VA ABOLITO E VI SPIEGO PERCHE'
di Barbara Benedettelli

                                             Barbara Benedettelli

Da anni sono vicina ai familiari di chi è stato ucciso. E insieme a loro lotto per contrastare un sistema che nega loro giustizia. Che non dà valore alle azioni, a quello che producono e soprattutto alle nostre vite. Tempo fa Veronesi ha affermato che “dopo dieci anni sia possibile liberare anche l’omicida più indiavolato senza pericolo per la collettività”. Ma una vita umana spezzata arbitrariamente da un uomo, può valere solo 10 anni di libertà negata? Il professore ha affermato che il male non esiste nell’uomo, che ha soltanto un’origine ambientale e non genetica e condannare un uomo di 40 anni per un delitto commesso a 20 è come condannare un’altra persona perché, ormai, non è più lui. Il cervello si rigenera continuamente. “Anche l’assassino più efferato dopo venti anni è cerebralmente differente dall’uomo che ha commesso quel delitto”.
Come mai allora Angelo Izzo, per fare un esempio tra i tanti, dopo 30 anni ha ucciso due donne mentre era in libertà vigilata con le stesse identiche modalità dei fatti del Circeo? E perché di due fratelli cresciuti dagli stessi genitori e vissuti nello stesso ambiente, uno diventa assassino e l’altro dottore? Il fatto che il cervello si rigeneri non significa che una persona diventi migliore di quello che geneticamente è.
Il male non ha origine genetica? Ci sono ricerche che affermano il contrario, come quella sul MAOA della dottoressa Terrie Moffitt, dell’Istituto di psichiatria del King’s College di Londra, che conferma la presenza del gene del male. E ne abbiamo ampia riprova ogni giorno. Veronesi ha detto che  “la Costituzione implica e obbliga alla rieducazione. E’ evidente che condanna a vita e rieducazione siano in banale contraddizione”. Ma la rieducazione come descritta nella nostra Costituzione non e un obbligo. Ad essa bisogna “tendere”, il che significa, in parole spicciole, che ci si deve provare. Non si dimentichi che – come affermano i criminologi che parlano di mito della rieducazione e utopia del trattamento carcerario –  la buona condotta si può simulare per ottenere benefici. Il sistema rieducativo va riformato, è chiaro a tutti. Il lavoro, per esempio, sul quale si fonda proprio la nostra Costituzione, dovrebbe essere, quello sì, un obbligo per i carcerati, perché attraverso di esso passa la dignità umana ed è per un adulto abituato a delinquere altamente rieducativo di per sé. Ma un’ideologia risocializzativa indiscriminata rischia di fare cadere il principio di pericolosità sociale, e se non c’è coscienza della pericolosità, non c’è controllo.


E la pena ha anche altri scopi dai quali non può prescindere e che sono primari: la dissuasione dal compiere i delitti e la retribuzione. Come si legge nella sentenza della corte costituzionale n°12 del 1966 in riferimento all’ art. 27 della Costituzione, “la rieducazione del condannato, pur nell’importanza che assume in virtù del precetto costituzionale, rimane sempre inserita nel trattamento penale vero e proprio… La vera portata del principio rieducativo deve agire in concorso delle altre misure della pena e non può essere inteso in senso esclusivo e assoluto…E ciò, evidentemente, in considerazione delle altre funzioni della pena che, al di là della prospettiva del miglioramento del reo, sono essenziali alla tutela dei cittadini e dell’ordine giuridico contro la delinquenza, e da cui dipende l’esistenza stessa della vita sociale” 
Ogni volta che si giustifica o si nega il male deresponsabilizzando le persone, quel male cresce. E spezza vite umane, per sempre. E chi tenta di attenuarne la portata o di spostarne la causa si rende in qualche modo complice. La legge deve essere implacabile con chi commette reati gravi come l’assassinio o con chi, come coloro che hanno il carcere ostativo, alimenta la mafia, il traffico di droga, sequestra le persone, è un terrorista e via dicendo. La legge, come diceva Camus, non dovrebbe ammettere circostanze attenuanti. Circostanze che invece si moltiplicano. Ed ecco che la possibilità di evitare la pena si innalza e insieme si innalza la soglia di percezione della colpa. I ladri di esistenze continueranno a rubare le nostre vite certi che prima o poi qualcuno li renderà liberi come il male.
La maggior parte dei familiari delle Vittime di omicidio o delle Vittime di violenza mettono ogni loro forza a disposizione degli altri perché non debbano mai vivere ciò a cui loro sono stati costretti. Quanti delinquenti lo fanno lo fanno? Quanti assassini decidono di donare il resto della vita a chi soffre pene che non ha cercato? A combattere non per se stessi me per evitare che altri facciano ciò che loro hanno fatto?
E poi l’ergastolo non può essere abolito anche per un altro motivo. Tutto ha un prezzo. E’ il prezzo che si paga che determina il valore di qualcosa. E allora che prezzo diamo alla vita umana? Che “prezzo”/valore dà alla vita chi afferma convinto che l’ergastolo va abolito?
E che cos’è la giustizia se non il tentativo di riportare equilibrio? Cos’è la sicurezza se non la certezza che chi sceglie il male non possa nuocere agli altri?
Per quanto riguarda Musumeci, “l’uomo ombra” che ha avviato la battaglia per l’abolizione dell’ergastolo a cui politici e intellettuali si sono accodati,  e che forse avrebbe invece dovuto avviare una battaglia per evitare che altri potessero fare ciò che ha fatto lui per meritarlo, chi legge le sue lettere strappalacrime si è chiesto perché è in cella?
Di lui ne ho scritto in abbondanza nel mio libro Vittime per Sempre.  Musumeci afferma che l’ergastolo ostativo “è la morte che ti leva la vita. Che mentre si parla molto di certezza della pena, si fa assoluto silenzio su noi, sepolti vivi, che è più conveniente dimenticare [...] Applicare la pena dell’ergastolo è il più grande male che un uomo possa commettere nei confronti di un altro uomo”.
La morte che ti leva la vita è quella che le persone le mette sotto terra perché la vita non ce l’hanno più. I sepolti vivi sono i genitori di un figlio ammazzato. Come quello che Musumeci, che era un capo mafia, ha ucciso per vendetta. E nelle sue parole, nelle sue lettere, nelle sue battaglie, mai una volta fa riferimento alle sue colpe. Lui dice “non ho potuto esserci mai a un compleanno dei miei figli, dei miei nipoti, della donna che amo. Non c’ero alla laurea di mia figlia, né al matrimonio di mio figlio, non c’ero quando nascevano i miei nipoti e neanche ora posso dare loro una carezza, non posso sperare di andare a riprenderli quando escono da scuola, non ho diritto di sperare di giocare con loro nel parco: sono un fantasma, un uomo ombra”. Anche chi ha ucciso non può più fare tutte queste cose. Ma lui non ne fa cenno. “Applicare la pena dell’ergastolo è il più grande male che un uomo possa commettere nei confronti di un altro uomo”. No. Non è così. Il male più grande che un uomo possa fare a un suo simile è levargli la vita distruggendo anche quelle che a quella vita erano legate. Loro sì, i familiari delle Vittime, vivono un ergastolo ingiusto e innaturale, quello di un dolore che strappa l’anima. 


Basta con questa indulgenza. E’ l’atto che va giudicato, la sua gravita. Non sono importanti le cause. Il perché. Ciò che conta sono il come, cosa e quello che resta. Ci sono reati che, per usare le stesse parole della legge, sono male in sé e non perché sono proibiti. E per chi li compie non deve esserci scappatoia. Se realizzi il male nel mondo ne paghi il prezzo, nella sua interezza anche quando dura tutta la vita. Come diceva Ennio Flaiano “Sei condannato alla pena di vivere. Domanda di grazia respinta.”
Oggi semmai abbiamo il problema contrario. Le pene sono sempre più miti. Le giustificazioni ai delitti sempre più grandi. Le Vittime vere sono sempre colpevoli e i colpevoli diventano vittime non di se stessi ma del sistema che li ha indotti a compiere delitti orrendi, a diventare delinquenti. Da intellettuali, politici, scienziati mi aspetto che si parli di autodeterminazione. Di scelta. Di responsabilità personale, ben chiara nel primo comma dell’articolo 27 della Costituzione che nessuno cita mai. Mi aspetto che si parli di colpa. Del valore incommensurabile della vita umana e della necessità di proteggerla anche a costo di levare la libertà per sempre a chi l’ha negata. Perché senza la libertà la vita resta. Ma senza la vita non c’è neanche la libertà. Non c’è più niente.

* (Condividendone pienamente il contenuto,pubblichiamo questo articolo di Barbara Benedettelli tratto da "L'IDEALISTA")

martedì 1 aprile 2014

AZIONE POSITIVA DEL MINISTRO ORLANDO PER RIDURRE IL SOVRAFFOLLAMENTO NELLE CARCERI

Carceri: Orlando firma accordo per trasferimento condannati marocchini

1 aprile 2014

Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha oggi sottoscritto a Rabat con il ministro della Giustizia e delle Libertà del Marocco, Mustafa Ramid, due Convenzioni, una in materia assistenza giudiziaria e di estradizione, l'altra in materia di trasferimento di detenuti condannati.



La prima consente di rafforzare il sistema di cooperazione e disciplina in maniera più sistematica i presupposti in presenza dei quali l'estradizione può essere concessa, quali il principio della doppia incriminazione.
La seconda Convenzione firmata ha un particolare rilievo perché consente che i cittadini di ciascuno dei due Paesi contraenti, condannati in via definitiva e detenuti nell’altro Stato, possano essere trasferiti nei loro Paesi di origine per scontarvi la pena residua. La finalità della Convenzione è quella di favorire il reinserimento sociale della persona condannata, facendole scontare la pena nel luogo in cui ha legami sociali e familiari.
Il trasferimento potrà avere luogo, previo consenso del detenuto, dopo una sentenza definitiva che abbia sancito una pena superiore ad un anno e se il fatto che ha dato luogo alla condanna costituisca un reato per entrambi gli Stati.


                                                                Ministro della Giustizia

"Oggi la popolazione marocchina nelle carceri italiane sfiora i 4000 detenuti" ha dichiarato il ministro Orlando. "Questo accordo - ha continuato il ministro - viene siglato nel rispetto delle Convenzioni Internazionali a tutela dei diritti dell'uomo, si inserisce nell'ambito delle iniziative annunciate nella visita a Strasburgo di pochi giorni fa e può contribuire, a regime, ad affrontare le problematiche condizioni del sistema penitenziario italiano, anche consentendo un'espiazione della pena nel luogo in cui molti di questi detenuti hanno mantenuto legami sociali e familiari".

venerdì 28 marzo 2014

CARCERE LAMEZIA

Lamezia, in atto trasferimento detenuti. Carcere cittadino verso la chiusura?
Carcere Lamezia cellulari blindati Lamezia Terme, 28 marzo 2014 - Decine di agenti della Polizia penitenziaria con furgoni blindati e auto si sono recati dinanzi al carcere di Lamezia Terme.Secondo fonti non confermate ma nemmeno smentite, pare sia in atto un trasferimento in massa dei detenuti in altri penitenziari.
Alla base della decisione, la probabile chiusura della struttura carceria lametina. Al momento comunque nessuna notizia è stata resa pubblica. 
Preoccupazioni in merito sono state espresse dalla UIL Penitenziari tramite il Segretario Nazionale Gennarino De Fazio che ha chiesto al Provveditore regionale l'apertura di un tavolo di confronto.
Va da sè che , al di là di ogni ragionevole considerazione,la struttura penitenziaria lametina risulta essere scarsamente rispondente alle esigenze funzionali proprie di un istituto penitenziario.

CHIERCHIA ( Si.P.Pe.) : RIFORME STRUTTURALI PER RIORGANIZZARE IL SISTEMA PENITENZIARIO

La "paghetta" ai carcerati torturati? No, grazie! Meglio Amnistia, Indulto e perché non, anche la cauzione!

                                       Orlando,Ministro della Giustizia

Piano carceri studiato dal Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, per evitare che le punizioni europee previste per chi, come l’Italia, non riesce a garantire un’ospitalità dei detenuti nella misura dignitosa e rispettose delle disposizioni comunitarie nonché a criteri umanitari e per evitare risarcimenti dei danni, ha studiato il modo per farla franca.
Ha pensato bene il Ministro, per non incorrere alle condanne, di “ricorrere ai saldi” – scrive il Vice Segretario Generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria Si.p.pe, Romeo Chierchia – prevedendo uno sconto di pena del 20% per chi continua a sopportare una situazione disumana e contrarie alle disposizioni comunitarie o in alternativa la scelta, “dell’opzione”, dell’indennizzo giornaliero di 10 o 20 €, naturalmente esente tasse, a titolo di risarcimento danni per i detenuti torturati. Ottima proposta Ecc.mo Ministro!
Il Giusto binomio oggi è “l’Amnistia e l’Indulto”. La nostra compagine sindacale, né parla da mesi e mesi, per non dire da anni. Il parlamento, in qualità di organo Costituzionale “elettivo”, deve assumersi questa responsabilità davanti al Paese e deve azzerare il tutto.
Il carcere deve essere l'ex-trema ratio alla quale il giudice deve ricorrere quando non ha altre alternative.
Ma invece di prevedere misure alternative al carcere, come la libertà su cauzione, per reati non di impatto sociale devastanti, è un’opportunità concessa all’imputato di richiedere una misura alternativa alla custodia in carcere, pagando una cauzione per conquistare l’assoluzione e per lo STATO un incremento delle entrate per consentire la gestione autonoma contabile delle carceri con budget predeterminati. La “paghetta” invece significa un costo per lo STATO e chi pagherà? Il contribuente! Tutti parlano, tutti criticano, tutti vogliono aver ragione, con proposte sempre vecchie e clientelari, ma alla fine i fatti non si vedono.
A questi provvedimenti tampone utili per il “momentum”, devono seguire riforme strutturali del sistema penitenziario e provvedimenti legislativi che mirino ad organizzare la Giustizia Italiana che ad oggi non risulta essere efficiente. Il prodromo di un percorso non lineare, rischia di trasferire il problema penale nel tessuto sociale con gravi danni al Paese.
Inoltre non bisogna dimenticare che la sofferenza prioritaria, oggi, è accollata principalmente al personale di Polizia Penitenziaria, che lavora in prima linea e con turni massacranti poiché costretti a coprire più posti di servizio contemporaneamente e a volte anche 4 posti consecutivi, con le conseguenze, in termini di salute, stress e tensione e senza riconoscere il giusto equilibro economico.
Un consiglio al Ministro - conclude il Chierchia – invece di pensare alla “paghetta” per i detenuti perché non pensa ad aumentare l’indennità di presenza giornaliera, per gli agenti di Polizia Penitenziaria che prestano la propria opera per lo Stato, con un ulteriore importo di € 15,00 al fine di evitare che “lo sfruttamento” o questo sacrificio richiesto, si potrà tradurre, in ricorsi nelle sedi opportune per l’eventuale riconoscimento del danno patito.

venerdì 21 marzo 2014

BRACCIALETTO ELETTRONICO


CARCERI. Nel vibonese potranno avere 'braccialetto' elettronico in 160.



    La misura del braccialetto elettronico da sottoporre ai detenuti sarà presto una realtà che interesserà le 160 persone sottoposte agli arresti domiciliari e a quelle che chiederanno una gradazione della misura, accettando questo "compromesso", pena la continuazione della detenzione inframuraria. L'iniziativa è stata presentata dal procuratore di Vibo Valentia Mario Spagnuolo, dal presidente della sezione civile Antonio Di Marco, dal questore Angelo Carlutti, dal comandante provinciale dei carabinieri Daniele Scardecchia e dal ten.col. Vittorio Carrara.
    Una misura, quella del braccialetto elettronico, che esiste da tempo - anche se applicata soltanto in 20 casi sul territorio nazionale - ma che, con l'ultimo decreto "svuota-carceri", è stato previsto con esigenze retroattive e ha, quali destinatari, soggetti caratterizzati da pericolosità sociale tale da non giustificare il carcere, ma nemmeno da concedere la completa libertà. Si tratta di una misura estremamente semplice con la presenza di un strumento installato dalla Telecom (che ha vinto l'appalto a livello nazionale) nell'abitazione il cui segnale wi-fi copre un determinato raggio consentendo, così, di percepirlo dalla cavigliera elettronica applicata al soggetto.
    Nel momento in cui dovesse mancare la corrispondenza del segnale si accerterebbe l'allontanamento del reo o, al massimo, che la strumentazione è malfunzionante. Ad ogni modo sia nel primo che nel secondo caso tutto ciò si saprebbe in tempo reale e, quindi, si interverrebbe in maniera tempestiva. Sarà il giudice di volta in volta a stabilire i casi di applicazione anche per i soggetti che stanno scontando una pena ai domiciliari.
    A giorni sarà comunicata la presenza del dispositivo al Consiglio dell'ordine e alla Camera penale in modo tale "da poter veicolare la notizia ai rispettivi clienti". "Si tratta di - hanno specificato Di Marco e Spagnuolo - di un momento di grande civiltà, di rispetto dei diritti individuali del cittadino".

    lunedì 3 marzo 2014

    Si.P.Pe e FP CGIL : IDEE A CONFRONTO

    INCONTRO SIPPE E FP CGIL POLIZIA PENITENZIARIA

    (Roma 27.02.2014) Si è tenuta in Roma, nella sede della FP CGIL, un incontro tra i componenti della Segreteria Generale del Si.P.Pe. e il direttivo nazionale della FP CGIL Polizia Penitenziaria. L'incontro tra i due gruppi è stato utile per un confronto e uno scambio proficuo di idee e condivisione degli scopi da raggiungere. All'incontro, oltre i vari dirigenti delle due organizzazioni sindacali, erano presenti il Coordinatore Nazionale della FP CGIL Polizia Penitenziaria Massimiliano Prestini, il Segretario Generale del Si.P.Pe. Alessandro De Pasquale e il Responsabile Nazionale della FP CGIL Comparto Sicurezza, Francesco Quinti. Dopo tale incontro, si è riunito in Anzio (Roma) il Comitato Nazionale del Si.P.Pe.

    sabato 1 marzo 2014

    CAMBIA IL CARCERE IN ITALIA

    Al via a Bolzano il primo carcere privato d'Italia

    di Gabriella Meroni

    Dopo la chiusura del bando, che ha visto sei partecipanti, si sta identificando il soggetto che gestirà la struttura, in funzione tra due anni. A carico dello Stato solo la sicurezza. Per la Provincia altoatesina sarà un carcere modello, vivibile e ad alta socializzazione. Ma i 5 stelle denunciano: l'unico scopo è il profitto

    overcrowding is particularly bad in california because of its three strikes law requiring judges to jail anyone whos convicted o
    Se ne parla da anni, ma ora il progetto diventerà realtà: il primo carcere privato d’Italia sorgerà a Bolzano entro due anni. Il bando per la realizzazione della nuova struttura – 200 posti per detenuti, e ben 100 operatori di polizia penitenziaria – era stato pubblicato dalla Provincia autonoma lo scorso aprile, ma solo a gennaio è partita la fase di selezione dell’ente gestore. A candidarsi sono stati sei soggetti: il prescelto dovrà sostenere i costi dell'opera, stimati in 63 milioni di euro, cui si aggiungono i 15 milioni per l'esproprio delle superfici. L’operazione non è ovviamente tutta privata: il contributo pubblico ci sarà, anche se  minoritario, e dopo vent’anni l’istituto penitenziario tornerà sotto l’egida del ministero della Giustizia. 
    Ma come si è arrivati a questa novità assoluta per il nostro paese? Grazie a una norma contenuta nel decreto “Salva Italia” del governo Monti, cheall’articolo 43 prevede la possibilità di finanziamento privato (project financing) per l'edilizia carceraria a patto che il contributo pubblico, insieme alla quota di debito garantita dalla pubblica amministrazione, non ecceda il 50% dell'investimento, e che le fondazioni concorrano almeno per il 20%. Il decreto specifica inoltre che al privato va riconosciuta “una tariffa per la gestione dell'infrastruttura e per i servizi connessi, a esclusione della custodia”, che il concessionario incasserà dopo aver messo in funzione la struttura. E sempre al privato spetta "l'esclusivo rischio" e "l'alea economico-finanziaria della costruzione e della gestione dell'opera”, come specifica ancora il decreto, che fissa la durata della concessione in misura “non superiore a venti anni”.
    La Provincia di Bolzano è dunque il primo ente locale che ha deciso di approfittare dell’occasione, dovendo sostituire il vecchio carcere costruito 120 anni fa, che oggi ospita 125 detenuti a fronte di una capienza di 90 posti. Il nuovo istituto, che dovrebbe essere pronto nel 2016, sarà “una struttura adeguata, vivibile, con spazi di socialità, di formazione e lavoro che garantiscano la dignità della persona e facilitino il suo reinserimento”, come aveva sottolineato al momento della presentazione del progetto, l’estate scorsa, l’allora presidente della provincia autonoma di Bolzano, Luis Durnwalder (oggi è Arno Kompatscher). Che aveva aggiunto come “i programmi di socializzazione proposti avranno un peso importante nel punteggio finale”.
    L’aggiudicatario, che dovrà comunque seguire gli indirizzi di progettazione (studio di fattibilità e costruzione modulare) indicati dal Dap, verrà deciso a breve, visto che in base alla procedura (per la quale la Provincia si è affidata allo studio legale internazionale PricewaterhouseCoopers) il progetto dovrà essere pronto entro giugno. E sempre il soggetto privato dovrà occuparsi della manutenzione ordinaria e straordinaria, la gestione delle utenze, il servizio mensa dei detenuti e il bar interno del personale, i servizi lavanderia e pulizia. Gestirà anche le attività sportive, formative e ricreative, mentre le mansioni di sicurezza resteranno in capo alla polizia penitenziaria e quindi allo Stato.
    Non mancano comunque le polemiche: il Movimento 5 Stelle dell’Alto Adige, per esempio, ha ingaggiato una battaglia contro le decisioni della Provincia sostenendo che si tratta di un’operazione speculativa: a quanto si legge sul sito del Movimento, il terreno sul quale dovrà sorgere il carcere è stato acquistato da due società (il Gruppo Podini e l’impresa Rauch) con un preliminare di vendita da 255 euro al mq nel 2008 e un contratto definitivo del 2011 nel quale il prezzo di vendita è schizzato a oltre 10mila euro al mq. E visto che “il valore d'esproprio pagato dalla Provincia è di 15.800.00 euro”, secondo i grillini il “guadagno speculativo della società che fa capo a Podini e Rauch ammonta così a 5 milioni di euro. Il 50% in meno di un anno”. “Il privato cercherà, come negli Stati Uniti o forse più, di massificare il profitto”, conclude il Movimento. “Operazione che di solito cozza contro la qualità, specialmente quando si hanno buoni appoggi politici con scarsi controlli”.
    da " VITA" del 3.2.2014

    mercoledì 26 febbraio 2014

    DE PASQUALE (Si.P.Pe.) SUL NUOVO MINISTRO ORLANDO

    ANDREA ORLANDO IL NUOVO MINISTRO DELLA GIUSTIZIA. SIPPE, AUSPICHIAMO SCELTE CORAGGIOSE PER IL SISTEMA PENITENZIARIO E PER LA POLIZIA PENITENZIARIA



    Il 45enne Andrea Orlando, deputato ligure del Partito Democratico è il nuovo ministro della giustizia. "Auspico che il neo ministro si interessi in modo energico e serio a tutte le vicende delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria - dichiara il Segretario Generale del Si.P.Pe. Alessandro De Pasquale che aggiunge - Nel Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria occorre un vero e coraggioso cambiamento perchè solo così sarà possibile dare un futuro al Corpo di Polizia Penitenziaria e risolvere tutte le questioni legate anche al sovraffollamento degli istituti penitenziari". "Occorre un ministro - aggiunge De Pasquale - che abbia il coraggio di restituire tutti i poliziotti penitenziari ai servizi istituzionali".

    mercoledì 19 febbraio 2014

    VACANZE SINDACALI ? INTERROGAZIONE AL MINISTRO DI DEPUTATI DEL MOVIMENTO 5 STELLE






    Atto Camera
    Interrogazione a risposta scritta 4-03615
    presentato da VILLAROSA Alessio Mattia 

    Venerdì 14 febbraio 2014, seduta n. 174
    VILLAROSA, BUSINAROLO, BENEDETTI, VACCA, SIBILIA, CORDA, COMINARDI, PESCO,
    ALBERTI e TOFALO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, Al Ministro della giustizia, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. 

    Per sapere – premesso che:

    il quotidiano La Notizia Giornale, del quale è direttore responsabile il dottor Gaetano Pedullà, il 4 febbraio 2014 ha pubblicato un articolo dal seguente titolo: «In vacanza in Australia col permesso del sindacato – Dirigente del Dap posta le foto della missione – Trentacinque giorni pagati dallo Stato;
    l'articolo si riferisce ad un agente di polizia penitenziaria sindacalista, componente dello staff del provveditore dell'amministrazione penitenziaria per il Lazio, che, in permesso sindacale retribuito,cioè pagato dallo Stato, si è recata in vacanza in Australia;
    infatti, il mese scorso, il sindacato denominato CNPP (Coordinamento nazionale polizia
    penitenziaria), a capo del quale sin dal 2001 c’è Giuseppe Di Carlo, ha chiesto 35 giorni di cumulo di permessi sindacali in favore dell'agente Luana Scalise, a far data dal 20 gennaio al 28 febbraio 2014; fatto apparentemente lecito, se non fosse che l'agente in questione, invece di svolgere attività sindacale a tutela dei diritti dei lavoratori, si trova, proprio in questo periodo, nostro malgrado, in vacanza nell'altra parte del mondo, fatto palesemente testimoniato da alcune foto messe sulla sua bacheca Facebook, ove la stessa viene prima ritratta con i biglietti aerei in mano per l'Australia e poi viene immortalata in affascinanti località dell'Oceania;
    i cumuli di permessi sindacali per le forze di polizia ad ordinamento civile, devono essere
    richiesti, esclusivamente, per svolgere il mandato sindacale; infatti, l'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 2002, recita: «Per l'espletamento del loro mandato, i dipendenti della Polizia di Stato, del Corpo di polizia penitenziaria e del Corpo forestale dello Stato,che ricoprono cariche di dirigenti sindacali in seno agli organismi direttivi delle organizzazioni sindacali rappresentative sul piano nazionale ai sensi della normativa vigente, nonché i dirigenti sindacali che, pur avendone titolo, non sono collocati in distacco sindacale ai sensi dell'articolo 31, possono fruire di permessi sindacali con le modalità e nei limiti di quanto previsto dal presente articolo»;
    il comma 9 del predetto articolo chiarisce altresì: «I permessi sindacali di cui al presente
    articolo sono a tutti gli effetti equiparati al servizio prestato nell'amministrazione e sono retribuiti ...».
    In pratica, l'agente in questione gode di fatto di un periodo di ferie a spese degli italiani;
    tutto questo avviene mentre l'Unione europea ha sanzionato l'Italia per le condizioni disumane delle carceri e dove, a far fronte ad un esercito di detenuti, ci sono meno di 38 mila agenti della polizia penitenziaria, perché buona parte di loro sono impiegati nei Ministeri, nelle segreterie dei provveditori e, nostro malgrado, anche in vacanza a spese dello Stato nei Paesi esotici –:
    se il Governo, nell'ambito delle proprie competenze, intenda assumere iniziative per osteggiare con fermezza questi privilegi dei sindacati e quali azioni concrete intenda adottare, anche alla luce del danno economico patito dallo Stato, in merito alla vicenda descritta dal quotidiano la Notizia Giornale. (4-03615)

    martedì 11 febbraio 2014

    ESPOSTO DI SABELLA SUL PIANO CARCERI


    Nuove ombre su Palazzo Chigi. I pm di Roma indagano su Angelo Sinesio, braccio destro del ministro della Giustizia. Caos sul piano carceri. Nel mirino appalti sospetti e consulenze d'oro. L'inchiesta dei magistrati romani, come svela Repubblica, nasce da un esposto di Alfonso Sabella, ex pm di Palermo ai tempi di Caselli ed ex magistrato del Dap.
    Le accuse riguardano Sinesio, prefetto che è stato vice della Cancellieri ai tempi di Catania, capo della segreteria tecnica ai tempi del Viminale e ora suo braccio destro per il tema carceri. Il rapporto, spiega Repubblica, parla di cattiva gestione negli appalti del Piano carceri. Un investimento da 470 milioni di euro. Secondo l'esposto di Sabella, il Piano carceri sarebbe frutto di "un’appropriazione indebita" perché spaccia per propri interventi fatti dal DapSec e dal ministero delle Infrastrutture, "come i nuovi padiglioni di Modena, Terni, S. Maria Capua Vetere, Livorno, Catanzaro, Nuoro".
    In tal modo sarebbero stati gonfiati i numeri dei posti realizzati. Nelle gare ci sarebbero stati "ribassi palesemente fuori mercato che determinano difficoltà tali da presumere che sarà impossibile finire i lavori". Ma nel mirino anche le consulenze. La selezione pubblica sarebbe stata fatta, secondo i pm, in maniera quantomeno dubbia. L’avviso "è stato pubblicato non sulla Gazzetta ufficiale, bensì solo sul link…, di un link…, di un link…, nel sito del Piano. Per trovare il bando bisogna cliccare su “trasparenza”, poi “atti”, poi “decreti commissariali”, poi “decreti vari”, poi “avviso pubblico di selezione”. Solo gli autori potevano fare domanda in sette giorni".

    da " Affari Italiani "  11.02.2014


    INCHIESTA

    Giustizia, appalti sospetti per le carceri

    Dossier contro Sinesio, uomo di fiducia di Cancellieri. In ballo 470 mln. E un posto da 10 mila al mese.

    Nuovi guai in vista per Anna Maria Cancellieri dopo lo scandalo delle telefonate con i Ligresti nell'ambito della vicenda giudiziaria legata a Fonsai. Stavolta, a mettere in imbarazzo il ministro della Giustizia, potrebbe essere uno dei suoi più fidati collaboratori, Angelo Sinesio, commissario per le Carceri e da anni uomo di fiducia della Guardasigilli, di cui è stato viceprefetto a Catania.
    Quando lei era al Viminale, lui era capo della segreteria tecnica, ora si occupa del Piano carceri. E secondo quanto svelato da Repubblica, contro di lui c'è un dossier, presente sul tavolo del ministero e su quello dei pm di Roma, Paolo Ielo e Mario Palazzi. Si tratta di una vicenda di appalti poco trasparenti, roba da 470 milioni di euro.

    REATI DA ACCERTARE. Impossibile parlare di reati prima che sia la procura a farlo, ma le ombre ci sono eccome. A denunciarle è stato Alfonso Sabella, attualmente vicecapo dell’organizzazione giudiziaria del ministero, pm a Palermo quando era procuratore Giancarlo Caselli, due esperienze al Dap (dipartimento di Amministrazione penitenziaria), prima con Caselli e poi con il ministro Nitto Palma.
    Da direttore delle risorse, Sabella ha scoperto come gli appalti fossero ben più cari e redditizi delle ristrutturazioni. Propose un piano da 200 milioni per recuperare 70 mila posti, contro uno che prevedeva una spesa di 700 milioni per incrementare la capienza delle strutture di 9 mila unità.

    «DATI NON CORRETTI». Il piano fu presentato alla Camera da Sinesio il 22 ottobre 2013, suscitando l'immediata reazione di Sabella, che con una lettera al direttore del Dap Giovanni Tamburino denunciò immediatamente l'utilizzo di «dati non corretti e circostanze non veritiere», e un «non fruttuoso impiego di risorse pubbliche» e descrisse il Piano carceri come il frutto di «un’appropriazione indebita» perché spacciava per suoi interventi fatti dal Dap e dal ministero delle Infrastrutture, «come i nuovi padiglioni di Modena, Terni, S. Maria Capua Vetere, Livorno, Catanzaro, Nuoro» allo scopo di  gonfiare «virtualmente il numero dei posti che avrebbe realizzato il commissario».
    L'incongruenza dei numeri, secondo Sabella, è evidente, perché prima si garantiscono 9.050 posti con 696,5 milioni, poi si arriva a parlare di 12 mila con 470 milioni.

    L'accusa: «Gare anomale e ribassi fuori mercato»

    Ma non basta, perché l'ex pm ha rilevato anche anomalie nelle gare «con ribassi palesemente fuori mercato (in media il 48% con una punta del  54%) che determinano difficoltà tali da presumere che sarà impossibile finire i lavori».
    Un altro inghippo sta nell'avviso di pubblica selezione per il responsabile della struttura amministrativo-finanziaria che tiene la cassa da 500 milioni.
    L’avviso, ha spiegato Sabella, «è stato pubblicato non sulla Gazzetta ufficiale, bensì solo sul link..., di un link..., di un link..., nel sito del Piano.
    Per trovare il bando bisogna cliccare su 'trasparenza', poi 'atti', poi 'decreti commissariali', poi 'decreti vari', poi 'avviso pubblico di selezione'. Solo gli autori potevano fare domanda in sette giorni».

    INDIRIZZO EMAIL SBAGLIATO. Non basta, perché pure arrivandoci si sarebbe finiti davanti a un indirizzo email sbagliato: pianocerceri@interpec.it, con una 'e' al posto della 'a' di carceri.
    Un ruolo decisamente interessante quello di responsabile della struttura amministrativo-finanziaria, che prevede uno stipendio 10mila euro al mese. Ad aggiudicarselo è stata Fiordalisa Bozzetti, commercialista di Firenze, moglie di Mauro Draghi, scelto dall’ex commissario Franco Ionta come coordinatore di tutte le progettazioni. Un evidente caso di conflitto di interessi, secondo Sabella, che ha descritto Draghi come «un  funzionario senza esperienze professionali nell’edilizia penitenziaria, prima ha progettato solo una cappella, e neppure dentro un carcere».
    Quindi sarebbe stato autore del progetto del carcere di Catania «che per i tecnici del Dap presenta gravissimi errori concettuali e progettuali».
    Secondo Sinesio «con 10 milioni e in 90 giorni il Piano ha fatto quello che il Mit doveva fare con 21,5 milioni e in 240 giorni». Ma Sabella si è detto convinto che il Piano abbia «realizzato sistemazioni esterne e riqualificazione interna, mentre il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti prevedeva numerose altre opere».

    AFFIDAMENTI INDIVIDUALI AL POSTO DI GARE PUBBLICHE. Sarebbe inoltre «oggettivamente falso» che alla gara siano state invitate esclusivamente ditte affidabili del Dap: «Le imprese invitate sono 10, di cui solo tre nella lista Dap», ha spiegato Sabella.
    Il tutto, nella maggior parte dei casi, non con gare pubbliche, ma attraverso affidamenti individuali, con appalti suddivisi in due parti, con costi raddoppiati e violazione delle norme antimafia.
    Sinesio ha smentito ogni addebito alla Camera, ma Sabella ha rincarato la dose denunciando anche un piano per vendere «San Vittore, Piazza Lanza, Regina Coeli, Giudecca e Santa Maria Maggiore» e dicendosi «preoccupato per possibili illeciti appetiti che l’operazione può  determinare».
    A tutto questo si deve aggiungere che «ancora oggi i cantieri non sono stati avviati, né sono state affidate le direzioni lavori, per cui decorsi quattro anni dalla dichiarazione dello stato di emergenza e due dalla nomina di Sinesio, è avviato un solo padiglione a fronte di oltre 450 milioni immobilizzati nella contabilità speciale».

    Martedì, 11 Febbraio 2014
    da "Lettera 43"