Estrapoliamo e pubblichiamo la parte dell'audizione relativa alle carceri.
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Il Ministro ORLANDO |
LA CONDIZIONE DELLE CARCERI
In primo luogo, l’attenzione non può che rivolgersi alle condizioni del carcere,condizioni che non soltanto confliggono con le indicazioni dell’art. 27 della Costituzione, ma ancor più distorcono le finalità del sistema della pena, producendo un meccanismo perverso che assorbe ogni risorsa disponibile a fronte di un impressionante tasso di recidiva.Se anche ci si volesse disinteressare della condizione inflitta ad uomini e donne, se pure si volesse ignorare il richiamo che viene da giurisdizioni internazionali alle quali abbiamo volontariamente aderito, è impossibile rimuovere un dato: il nostro è un sistema costoso che non produce sicurezza se lo si compara con gli altri sistemi del nostro continente.
Il nostro sistema penale resta, infatti, o almeno è rimasto sino alle ultime innovazioni normative uno dei pochi in cui il carcere resta la forma quasi esclusiva di sanzione, a cui si accompagnano tassi di recidiva che sono impressionanti.Il Parlamento e i governi hanno avviato negli ultimi anni un’inversione di tendenza che ha attenuato questo dato ma non lo ha superato.La vicenda Torregiani con la condanna dell’Italia da parte di Strasburgo, deve costituire una occasione di riflessione complessiva e di crescita che vada al di là del mero superamento dell’emergenza.Il precedente Governo ha affrontato la drammatica emergenza del sovraffollamento carcerario e delle condizioni di vita delle persone detenute con due interventi normativi d’urgenza, il d.l. n. 78/2013 e il d.l. n. 146/2013.
Dopo l’insediamento del Governo,il Parlamento ha approvato la delega per la depenalizzazione dei reati di minore allarme sociale e per la implementazione della detenzione domiciliare, in una logica di ripensamento delle pene detentive, nonché misure per l’affidamento in prova ai servizi sociali con sospensione del processo, sul modello della Probation, già collaudato con successo per i minori. Per attuare queste due deleghe in tema di depenalizzazione e di detenzione domiciliare ho istituito una commissione di studio, per dare una celere attuazione. Come noto, poi, è in discussione un disegno di legge di iniziativa parlamentare di
riforma della custodia cautelare, in termini di maggior rigore dei presupposti per la sua adozione.
Si è così definita una tendenza legislativa volta all’introduzione di misure per la riduzione dei flussi detentivi in entrata (attraverso un più rigoroso regime della custodia cautelare, la depenalizzazione, l’affidamento in prova e le misure detentive domiciliari (in corso di attuazione), la rivisitazione delle sanzioni in materia di stupefacenti), e, dall’altro lato, la previsione di ulteriori misure per l’aumento dei flussi in uscita. I risultati ottenuti sin qui sul versante della diminuzione della popolazione carceraria sono sicuramente importanti, tuttavia non possono essere ritenuti risolutivi.
Sono notevolmente diminuiti ad esempio i flussi medi di ingresso, si sono significativamente ridotte le presenze di detenuti in attesa di primo giudizio (da oltre 21.000 alla data del 31 dicembre 2009 ai poco più di 10.000 in base ai dati di questo mese); è grandemente cresciuto il numero di detenuti ammessi a misure alternative (passando dai 12.455 alla data del 31.12.2009 ai 29.223 alla data del 31.12.2013). Trend apprezzabili ma non comparabili all’utilizzo delle pene alternative negli altri Paesi. Ma la questione carceri esige non semplicemente che questo processo, mi auguro, si sviluppi e si consolidi. Occorre, più in generale, ripensare il nostro modello penitenziario, per assicurarne l’efficienza di gestione e per tutelare al livello più alto possibile la dignità delle persone che vi sono ristrette e di quelle che vi lavorano. Sull’uno e sull’altro versante sono in corso ulteriori e, credo, importanti interventi.Il Ministero sta procedendo ad implementare questo sforzo con ulteriori misure,anche di carattere amministrativo:
lo sviluppo degli ICAM e delle case famiglia protette;
la definizione di convenzioni con le regioni per l’avvio di detenuti tossicodipendenti a centri regionali, nonché per la promozione del lavoro carcerario e delle condizioni di tutela della salute in carcere;
l’attuazione delle convenzioni internazionali, e la stipula di nuove, per avviare i detenuti stranieri a scontare la pena nel Paese di origine (da ultimo la convenzione con il Marocco)
l’anticipazione della uscita dei detenuti dagli ospedali psichiatrici giudiziari;
il monitoraggio del rispetto del termine di legge, da ultimo, mio malgrado e malvolentieri prorogato, per la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari;
la razionalizzazione del patrimonio di edilizia carceraria (attraverso l’apertura di nuovi carceri e la chiusura di quelli minori, la cui dimensione ne rende ormai irrazionale l’utilizzo a causa di costi di gestione e del personale non più sostenibili).
Soprattutto, si stanno valutando e attuando iniziative per il miglioramento delle condizioni di vita dei detenuti che non si limitino alla dimensione minima dello spazio vitale, impostoci da Strasburgo (i famosi tre metri quadrati, condizione, è bene ricordarlo, considerata necessaria, ma non sufficiente dalla Corte), ma che assicurino condizioni carcerarie di qualità adeguata ad attuare il principio costituzionale della funzione rieducativa della pena. Strasburgo non ci parla solo di metri quadri ma del funzionamento del sistema penitenziario. In questa prospettiva si muovono iniziative congiunte con Regioni ed Enti locali, nonché mondo delle imprese e della scuola, per attività scolastiche e culturali in favore dei detenuti, lavoro all’esterno, lavoro volontario. Ho avvertito in questo quadro la necessità, a favore dei detenuti ed anche della collettività, di sensibilizzare le istituzioni e gli uffici il cui apporto è indispensabile:
le Regioni;
i procuratori generali delle corti d’appello, per promuovere le procedure di trasferimento all’estero delle persone condannate;
la magistratura di sorveglianza;
i direttori di ospedali psichiatrici giudiziari.
Occorre, in tal senso anche il supporto di altri Ministeri, quale quello del Lavoro per dare copertura assicurativa ai detenuti lavoratori volontari in favore degli enti locali,quello dell’Università e ricerca per progetti di istruzione e cultura in favore dei detenuti.Malgrado gli sforzi messi in campo sin qui, sarà verosimilmente necessario un ulteriore correttivo normativo della disciplina attuale, per dare ottemperanza effettiva e puntuale alla sentenza Torregiani e altri, e mi riferisco alla necessità di prevedere un rimedio compensativo, circoscritto in favore dei detenuti che abbiano già subito trattamenti inumani e degradanti ai sensi dell’art. 3 della Convenzione EDU. Lo esige la Corte europea dei diritti dell’uomo e lo impongono le leggi internazionali che l’Italia ha liberamente assunto l’obbligo di rispettare. Auspico sul punto un confronto con il Parlamento.
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