Serve un concreto
controllo su quelle forme di libertà condizionata alle finalità di recupero.
Spesso emerge in modo molto evidente l'abuso che molti detenuti fanno di queste
agevolazioni sulla pena: permessi, semidetenzione, custodia domiciliare, ammissione
al lavoro esterno. Inoltre sarebbe opportuno istituire anche in Italia la
figura e la pratica del "probation officer", soggetto già esistente
ed operante con successo nei paesi di cultura anglosassone, il quale è un
funzionario dello Stato che ha l'esclusivo compito di seguire e controllare da
vicino il percorso riabilitativo del detenuto in "probation".
Il periodico evento di amnistie e decreti
c.d. "svuota-carceri", pratica che si ripete ormai con una cadenza
quasi rituale e sempre più frequente, mette in luce un dato di evidenza
pressoché lapalissiana: il sistema giudiziario e quello carcerario non sono in
grado di reggere la mole di lavoro loro portata dall'attività delle forze
dell'ordine, nonostante che questa venga, a sua volta, da taluno considerata
insufficiente; in altre parole la magistratura non è in grado di gestire con la
necessaria rapidità le pendenze processuali e ciò provoca da un lato generose
concessioni di libertà provvisoria e
scarcerazioni per decorrenza termini per soggetti potenzialmente pericolosi,
dall'altro un affollamento, ben oltre la capienza massima, delle nostre
strutture detentive.Le Forze dell'Ordine, a loro volta, sono state accusate di
essere numericamente eccessive se paragonate con quelle degli altri paesi.
Non per effettuare una sorta di difesa
d'ufficio delle nostre Forze di Polizia, ma pare che tale accusa possa
facilmente essere confutata da alcune considerazioni basate su dati di fatto.
Per prima cosa i confronti andrebbero effettuati con nazioni che siano (per
struttura statuale, condizioni generali, temperamento della popolazione e
dimensioni) abbastanza similari al nostro,
come ad es. Francia e Spagna e si può a questo punto notare come la sommatoria
Polizia+Carabinieri+circa quel 20% della G.di F. che si occupa di indagini
giudiziarie, superi più o meno di circa il 10% l'addizione Gendarmerie
Nazionale + Police Nazionale nei cugini d'oltralpe, analogamente potendosi dire
per la Spagna data anche, in quest'ultimo caso, la differenza di popolazione. Consideriamo inoltre anche che
i predetti due paesi dispongono, come tutti gli altri ed analogamente al
nostro, di strutture di polizia fiscale, di sorveglianza carceraria, di polizia
di confine (in Germania quest'ultima fornisce il personale delle c.d.
"teste di cuoio") e di gendarmeria campestre, oltre che di polizia
locale, dati che generalmente, nel computo di questo genere di
statistiche-raffronto, vengono conteggiati solo a svantaggio del
nostro paese ignorandoli invece per l'estero.
Per cui si rtiene che la polemica sul
presunto eccesso di forze di polizia in Italia sia sostanzialmente infondata,
dal momento che la sopra menzionata maggiore percentuale di effettivi penso
possa essere pienamente giustificata dalla circostanza che sul nostro
territorio (a differenza degli altri paesi) sono storicamente presenti e
radicate ben quattro organizzazioni criminali, che contano decine di migliaia
di affiliati, rendendo quindi necessaria, per le forze dell'ordine, l'esigenza
basilare di una consolidata superiorità numerica. Consideriamo infine come nei
predetti paesi esteri sia molto più sviluppato, rispetto al nostro, l'istituto
delle polizie private (300.000 addetti in Inghilterra e più di 4.000.000 negli
U.S.A., a
fronte di meno di 100.000 da noi), situazione che comunque genera un maggiore
costo economico per quelle comunità nazionali.
Aggirando quindi lo spinoso problema della
riforma giudiziaria e dando per scontata l'opportunità di un potenziamento
dell'apparato detentivo,va evidenziato piuttosto il problema della certezza della pena e dell'esigenza di un effettiva esecuzione di questa, pur senza
rinunciare alle possibilità di redenzione del detenuto costituzionalmente
previste, riducendo
quindi l'eccessiva generosità della nota legge Gozzini, con l'attuazione di
quegli standards detentivi minimi vigenti negli altri paesi e, soprattutto, con
l'esercizio di un concreto controllo su quelle forme di libertà condizionata
alle finalità di recupero. Spesso infatti emerge in modo
molto evidente l'abuso che molti detenuti fanno di queste agevolazioni sulla
pena finalizzate al loro reinserimento sociale (permessi, semidetenzione,
custodia domiciliare, ammissione al lavoro esterno,ecc..), istituti che vigono anche
in altre nazioni, ma che in Italia non sono soggetti a particolari controlli se
non a quello generico delle forze dell'ordine che,dati i sovrabbondanti impegni
di queste, non può che essere saltuario. In ogni eclatante occasione di questi
abusi si assiste invariabilmente alla polemica tra accusatori e sostenitori di
tale sistema, sostenendo apertamente i primi l'inutilità e la pericolosità di
questo e rivendicando i secondi asseriti maggiori ma meno clamorosi benefici
dello stesso, nell'ottica per cui "fa più rumore un albero che cade che
una foresta che cresce" (ma la foresta che cresce si dovrebbe almeno
vedere).
Per ovviare a questi aspetti negativi
sarebbe opportuno istituire anche in Italia la figura e la pratica del
"probation officer", soggetto già esistente ed operante con successo
nei paesi di cultura anglosassone, il
quale è un funzionario dello Stato che ha l'esclusivo compito di seguire e
controllare da vicino il percorso riabilitativo del detenuto in "probation"
(ovviamente ognuno di costoro segue più elementi in prova), intervenendo e
denunciando abusi o violazioni delle normative generiche o specifiche relative
all'agevolazione concessa. Nel nostro Paese sarebbe
opportuno che gli incaricati di tali servizi venissero tratti dai ranghi della
Polizia Penitenziaria o delle altre forze dell'ordine, dato l'implicito onere
di doversi esporre ad eventuali minacce provenienti dai soggetti controllati,
requisito che non è istituzionalmente possibile pretendere dal normale
impiegato.
(Affari Italiani - Di GIAGUARO)
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