INTERVISTA A " LA REPUBBLICA" DEL CAPO DEL DAP
In un intervista rilasciata alla giornalista Liana Milella e pubblicata oggi sul quotidiano "La Repubblica"il Capo del DAP,Giovanni Tamburino,fornisce interessanti indicazioni su quelle che saranno le direttrici principali della sua attività alla guida dell'Amministrazione penitenziaria ed in particolare nella gestione dei detenuti. Il Presidente Tamburino auspica la stipula di "un "contratto" tra lo Stato e il detenuto.Per un "carcere leggero".Per 20mila detenuti definitivi che oggi passano il tempo chiusi in cella. Un accordo che,se infranto,comporterebbe l'inasprimento della pena".Secondo il nuovo Capo del DAP il ripensamento del carcere può trovare conforto in alcune esperienze già in atto e,in tal senso, "un modello cui ispirarsi è il carcere di Bollate, pensato oltre 10 anni fa da Francesco Gianfrotta, allora responsabile della direzione generale dei detenuti e da me, che ero all'ufficio studi. Lì il soggetto resta "libero" per buona della giornata e lavora". Altro passaggio dell'interessante intervista è stato quello relativo la progressiva diminuzione delle presenze dei detenuti in carcere che,secondo Tamburino,sarebbe da imputare a due ragioni : "l'effetto delle nuove leggi, impropriamente definite "svuota carceri", e un calo del numero dei reati puniti con la detenzione".Se questo trend venisse confermato in futuro le condizioni di agibilità lavorativa per il personale di polizia penitenziaria migliorerebbero.Il sistema penitenziario,infatti,secondo Tamburino "ha risorse umane molto ricche, ma non riesce a metterle a frutto. Gli stessi poliziotti penitenziari non possono limitarsi al gesto tradizionale di aprire e chiudere la cella, devono diventare specialisti nel rapporto umano con i detenuti".Un passaggio importante dell'intervista ha riguardato le possibilità occupazionale all'interno del carcere per i detenuti.Il capo del Dap ha manifestato il suo disappunto per la chiusura di alcune colonie agricole,sostenendo che "forse non è stata una decisione saggia, anche perché, soprattutto a Pianosa, le strutture erano in ottime condizioni e non compromettevano l'ambiente. È stato un vero e proprio spreco di risorse".
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