lunedì 4 giugno 2012

MINISTRO SEVERINO METTA IL CATENACCIO DI CHIUSURA ALL'USPEV!




Da notizie apparse sulla stampa in tempi recenti,LEGGASI SOTTO,si è appreso dell'impiego di poliziotti penitenziari per la sorveglianza della casa sicilialiana disabitata dell'ex ministro della Giustizia,A.ALFANO.Molte altre autorità del ministero della giustizia ricevono protezione dal personale della polizia penitenziaria per il tramite dell'USPEV,un ufficio dipartimentale a ciò preposto che impiega nella sua attività decine di unità della Polizia Penitenziaria,sottraendole al servizio istituzionale nelle carceri.Tutto questo mentre negli istituti penitenziari manca personale per la sorveglianza e la traduzione dei detenuti.Non sarebbe bene mettere il catenaccio all'USPEV e restituire ai compiti istituzionali i polizotti penitenziari? Sarebbe un segnale di reale cambiamento  e di positiva volontà di procedere  ad una razionalizzazione delle risorse umane disponibili e delle strutture esistenti.


                   QUEL CHE SCRIVE LA STAMPA IN MERITO


Giustizia: quegli agenti di Polizia penitenziaria a guardia della casa vuota di Alfano...


  
  di Eleonora Bujatti

Il Fatto Quotidiano, 3 giugno 3012


Ancora piantonata la residenza di Palermo. Polizia anche per altri ex ministri: Fassino, Mastella e Castelli. L’argomento della scorta e della tutela a personalità dello Stato è molto delicato, e lungi da noi di suggerire chi e come debba essere protetto. Tuttavia è nostro compito raccontare i fatti, ed ecco, dunque, un fatto. Questa è la storia di un piccolo ma significativo spreco italiano.

È una sineddoche, la parte per il tutto, il particolare che racconta il generale, una delle schegge che va a comporre la trave infilata nell’occhio di uno Stato che forse non sa, forse non può o forse non riesce. Questa è la storia di un appartamento vuoto in cui tempo fa abitava un ministro diventato poi ex-ministro, appartamento che viene tutt’oggi protetto e sorvegliato da due uomini della Polizia Penitenziaria in pianta stabile, con tanto di telecamere a circuito chiuso e inevitabili sbadigli. L’ex ministro in questione (ma non è questa la notizia) è l’On. Angelino Alfano, che, nonostante dal luglio 2011 sia un semplice - e ora pure afflitto - segretario di partito, mantiene la protezione degli uomini dell’Uspev (Ufficio per la Sicurezza Personale e Vigilanza della Polizia Penitenziaria), non solo presso la sua residenza a Roma, ma anche a Palermo, dove da tempo non vive più e dove pare che l’appartamento sia pure in vendita. Tutto ciò rende la vicenda Alfano ancora più singolare, ma il suo non è certo un caso isolato.Anzitutto vale la pena di ricordare che il servizio di protezione è svolto non solo dall’Uspev, ma anche da Polizia di Stato, Carabinieri, Forestale e altri corpi. Ma la Polizia Penitenziaria, in particolare, dovrebbe occuparsi di ministri, sottosegretari, dirigenti e autorità dipendenti dal ministero della Giustizia. Perché allora un segretario di partito continua ancora ad occupare uomini della Polizia Penitenziaria? La risposta è che esiste una “prassi istituzionale” che prevede che la protezione continui anche dopo il decadimento dalla carica, anche per diversi anni.
E perché esiste questa prassi istituzionale? E quanti uomini sono impiegati in questo modo? Alfano è forse l’unico di cui viene protetto anche lo spirito che aleggia nelle abitazioni precedenti, ma l’anomalia, se c’è, è di più larga scala. Al servizio di Piero Fassino, ex (ormai molto ex) ministro della Giustizia c’è ancora un’unità di Polizia Penitenziaria; ce ne sono due per l’ex Roberto Castelli, quattro per l’ex Clemente Mastella, dodici per l’ex Nitto Palma, quattro per gli ex sottosegretari alla Giustizia Giacomo Caliendo e Maria Elisabetta Alberti Casellati (che,si leggeva sui giornali quest’inverno, pare sia stata scortata per quindici giorni tra le nevi di Cortina).
E ce ne sono sedici
 per l’ex ministro Angelino Alfano, che sarebbe stato accompagnato da uomini e mezzi anche nel corso dell’ultima campagna elettorale. In tutti i casi ci saranno senz’altro ottimi motivi, ma non dimentichiamo anche che le carceri sono sovraffollate, che mancano nuclei di traduzione dei detenuti e che c’è grave carenza di personale di sorveglianza.

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