CALABRIA PENITENZIARIA

Notizie dal mondo penitenziario - Fatti,misfatti e verità nascoste.

P A G I N E

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domenica 24 luglio 2011

Presidente Franco IONTA - Capo Polizia Penitenziaria

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L'INFERNO DEL CARCERE E LA TRAGEDIA DELL'IRLANDA IN LOTTA

L'INFERNO DEL CARCERE E LA TRAGEDIA DELL'IRLANDA IN LOTTA
Un giorno della mia vita. L'inferno del carcere e la tragedia dell'Irlanda in lotta: Bobby Sands, esponente di spicco nelle fila dell'Ira, viene più volte incarcerato. Condannato a 14 anni di carcere, con altri compagni, malgrado l'assenza di prove a carico, comincia una serie di scioperi della fame sino all'ultimo, iniziato il 1º marzo 1981, che lo porterà alla morte. Durante i primi diciassette giorni del suo ultimo sciopero della fame comincia a tenere un diario e scrive quotidianamente usando un refil di penna biro e dei pezzetti di carta igienica. Ogni singolo segmento del diario viene fatto uscire dal carcere firmato con lo pseudonimo "Marcella". Il libro che ne deriva è una impietosa testimonianza sulla vita dentro il carcere, una dolorosa riflessione sulla lotta in corso e una professione di speranza.

SGUARDO SUL CARCERE

SGUARDO SUL CARCERE

M I S S I O N

" Il nostro terreno d'elezione,la nostra palestra d'esercizio è l'Istituto penitenziario perchè è lì che siamo chiamati a profondere quotidianamante le nostre tante energie professionali ed umane : luogo di espiazione ma anche luogo di riscatto. E non solo per caratteristiche oggettive,ma per la qualità e l'impegno di coloro che vi operano. Sia ben chiaro che la specializzazione che più ammiro ed alla quale mi sento più vicino è quella del poliziotto penitenziario,di colui che nelle ordinarie eppur delicatissime mansioni che sostanziano i servizi all'interno dell'Istituto applica la sua elevata professionalità e le sue peculiari doti personali a contatto con un'umanità dolente,rappresentando - al contempo - l'immagine della legge che esige ed impone rispetto e l'idea che ciascuno - anche se riconosciuto colpevole - possa coltivare per la sua vita un progetto di cambiamento".


Pres. Dr. Franco IONTA - Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria

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      • Presidente Franco IONTA - Capo Polizia Penitenziaria

IL LIBRO

IL LIBRO
INTELLIGENCE E SISTEMA PENITENZIARIO di F. Massimiliano MINNITI ,Rubettino Editore,2012.Pianeta Carcere. Un modo di dire piuttosto noto per descrivere un universo per lo più sconosciuto. In effetti, nonostante la sempre maggiore apertura informativa, del sistema penitenziario - troppo spesso soffocato da stereotipi e luoghi comuni - si sa veramente poco. Il carcere è un luogo "diverso". Un luogo fisico, un luogo dell'anima, mai un luogo comune. Ancora meno si conosce dell'operato della Polizia Penitenziaria, della delicatezza e dell'importanza dei compiti ad essa demandati e delle grandi potenzialità investigative che le sono proprie. Questo testo cerca di offrire una visione quanto più lucida possibile del sistema penitenziario e delle attività di indagine della Polizia Penitenziaria che hanno come denominatore il "carcere", tentando di ricostruire una mappa di un sistema organico di intelligence in cui il settore penitenziario si innesti a pieno titolo, offrendo panorami investigativi e informativi di elevato profilo. Prefazioni di Sebastiano Ardita e Alessandro Ferrara. Introduzione di Mario Caligiuri

C O N T R O C O R R E N T E

E' triste non avere amici,ma ancora più triste è non avere nemici. (Josè Martì)

C O N C O R S I

  • www.concorsi-pubblici.org
  • www.lavorare.net

SITI D'INTERESSE

  • www.giustizia.it
  • www.giustizia-amministrativa.it
  • www.funzionepubblica.it
  • www.sspa.it
  • www.italia.gov.it
  • www.polizia-penitenziaria.it
  • www.leggioggi.it

LE DUE CITTA'

LE DUE CITTA'
Rivista mensile edita dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria

S T A M P A

  • www.adnkronos.com
  • www.calabriaeconomia.it
  • www.corrieredellacalabria.it
  • www.effedieffe.com
  • www.libero-news.it

LA MIA VITA DENTRO

LA MIA VITA DENTRO
di Luigi MORSELLLO - Memorie di un Direttore di carcere - La mia vita dentro è il primo libro sulla vita nelle carceri italiane raccontata dall’interno, da un direttore. Scrive Morsello: “C’è chi conta le pecore per addormentarsi. Un direttore di carcere vede sfilare nei suoi ricordi facce, storie, divise, sbarre, manette, agenti e detenuti. Soprattutto detenuti. Come fosse una galleria di ritratti. Una mostra del passato”. 1969-2005: gli anni bui d’Italia e del carcere raccontati per la prima volta da un integerrimo direttore che ha visto e diretto 22 penitenziari, da quelli di massima sicurezza sulle isole di Gorgona e di Pianosa a quelli “a custodia attenuata”, spesso scontrandosi con burocrazia e amministrazioni non sempre trasparenti. Perché la storia passa anche, forse in alcuni casi soprattutto, attraverso le prigioni. Attraverso le storie degli Epaminonda, dei Gianni Guido, dei Curcio, dei Sindona, dei Marco Donat-Cattin, delle guardie carcerarie col whisky, dei processi contro mafia e Brigate rosse. “Va dato atto all’autore del coraggio manifestato nello scrivere un libro sul carcere in un momento come quello attuale in cui la profonda crisi economica, sociale, politica e, soprattutto, morale del Paese costituiscono fattori che non invitano a una riflessione approfondita sulla “discarica sociale” che è il sistema penitenziario italiano. Luigi Morsello questa riflessione ha voluto farla in modo provocatorio e c’è riuscito in pieno. Chiama a rispondere di insipienza politica la classe dirigente di ieri e di oggi…”. (Aldo De Chiara) Gli anni di lavoro di Morsello sono coincisi con uno dei periodi più bui della storia del nostro Paese: lì si collocano, infatti, con i loro ripetuti delitti, alcuni di portata storica, le azioni più devastanti del terrorismo e della mafia. L'appassionante panorama di personaggi che questo libro ci propone può finalmente rivelare al lettore l'umanità che vive dietro le sbarre e che costituisce, insieme al direttore, agli agenti, agli assistenti sociali, agli educatori, ai medici e infermieri, non tanto un’istituzione totale, quanto una vera e propria comunità” (Piero Luigi Vigna).

COLPO AL CUORE

COLPO AL CUORE
Che cosa sono le Brigate Rosse nel 1981? Un'organizzazione divisa al suo interno, fiaccata dai primi pentiti e dal disincanto di alcuni militanti, braccata dalle forze dell'ordine, eppure ancora temibile e spietata, in grado di realizzare quattro sequestri di persona in diverse parti d'Italia.Per il romano Antonio Savasta, il giovane leader terrorista chiamato in Veneto a gestire il rapimento dell'ingegnere Giuseppe Taliercio, non è un mistero che si stia aprendo una nuova drammatica stagione, dall'esito quanto mai incerto.D'altra parte, lo Stato non sta a guardare.Il cerchio si stringe, si susseguono arresti eccellenti - come quello di Mario Moretti -, le indagini si fanno serrate. Il commissario di polizia Rino Genova, fra gli artefici dello smantellamento della colonna genovese, viene inviato sulle tracce del gruppo che sta operando in Veneto: così i destini del terrorista e del poliziotto si intrecciano.Nella vasta letteratura sulla storia delle Brigate Rosse, questo libro rappresenta uno dei contributi più originali. Non solo perché si basa su dichiarazioni inedite - sia di Savasta, sia di Genova - in grado di illuminare molti punti oscuri della parabola brigatista, ma perché mostra - grazie a testimonianze dirette - come si ricorse talvolta a "trattamenti" molto particolari per incrinare il muro di silenzio dei terroristi.Armi non convenzionali, inconfessabili ma di innegabile efficacia: quella guerra fu vinta, in Italia, anche grazie alla tortura. Nicola Rao ripercorre l'epilogo della storia delle Br, dal maggio 1981 all'ottobre 1982, e in particolare l'episodio che provocò la reazione finale dello Stato: il rapimento del generale americano Dozier. Un viaggio a rotta di collo nella spirale di violenza e autodistruzione dell'ultima fase brigatista, la cronaca del colpo decisivo dello Stato al cuore dell'organizzazione. E della sua distruzione.

MISERERE

MISERERE
Vita e morte di Armida Miserere, servitrice dello Stato - di Cristina ZAGARIA - Auguro vite distrutte così come con tanta leggerezza è stato distrutto quel che resta della mia. Non mi perdono di aver creduto in un sogno non posso perdonare chi quel sogno lo ha distrutto. Sono le ultime parole di Armida. Sono il testamento duro e atroce di una donna che a 28 anni ha scelto di entrare in carcere, come vicedirettrice, e che a 47 viene ammazzata da questa vita, dalla sua vita.Miserere è la storia di una donna. L’epopea di una moderna eroina tragica. È una storia vera di colei che nel suo nome è marchiata dal destino di due tragedie. È la storia privata di una donna e la storia pubblica di trent’anni di criminalità italiana dalle brigate rosse, passando per le stragi di mafia degli anni ’90, fino al terrorismo islamico. Nella vita di Armida entrano con forza figure positive come Giancarlo Caselli, Alfonso Sabella, Paolo Mancuso e eroi neri come Michele Sindona, Giovanni Brusca, Vincenzo Curcio, Totò Riina. Qual è il sogno di Armida? Sono due: l’amore e il lavoro.Il suo amore è Umberto Mormile, educatore. Armida però è anche una servitrice dello Stato. Per me il carcere deve essere un carcere - dice – e i detenuti devono saper fare il loro mestiere. Io non faccio il direttore del Jolly Hotel.Umberto lo conosce al carcere di Parma, al suo primo incarico e lo ama per sei anni. Il loro amore si intreccia con il lavoro, con i primi esperimenti del carcere come luogo di rieducazione, con le prime applicazioni della legge Gozzini. Sono giovani, pieni di entusiasmo e due sognatori. Armida è bella, forte, intelligente.Umberto è l’unico che riesce a contenere il suo carattere a smussare le sue asperità. Ma se il carcere può sembrare una grande famiglia, con le celle ordinate e profumate di glassex, è un mondo pieno di intrighi, trappole, sotterfugi, compromessi. Secondo alcune voci Umberto è coinvolto in un giro di permessi venduti ai detenuti. Il primo grande sogno di Armida viene spezzano la mattina dell’11 aprile 1990 quando due killer ammazzano Umberto per strada, mentre va al lavoro.Lei non crede alle voci, difende Umberto e la sua memoria. E comincia da sola una solitaria battaglia. Fa un’indagine parallela a quella dei carabinieri per cercare gli assassini del suo grande amore e si getta nel lavoro. Diventa una “macchina da guerra”. Cambia il suo look, cambia il suo modo di lavorare. Il carcere diventa universo, casa, condanna, ossessione. Armida indossa la tuta mimetica, taglia i capelli, gira sempre con la sua calibro 9 addosso. Ha due uomini di scorta. Armida lavora e rispetta le regole. Diventa il “colonnello”.E l’amministrazione al spedisce nei carceri italiani di massima sicurezza. Lì dove c’è un problema arriva Armida: l’Ucciardone, Pianosa, Torino, Ascoli, Sulmona. Ispezioni, regole ferree, lavoro 24 ore su 24. Armida diventa un direttore di ferro. È stimata e temuta. Ma sempre più sola. L’amministrazione la usa, perché lei non ha famiglia e ha la valigia sempre pronta.E il carcere la consuma. Nella sua vita pochi amici di infanzia, il fratello, qualche compagno, ma gli uomini che incontrerà Armida la useranno e la deluderanno. Proprio come il lavoro. Dopo anni di obbedienza assoluta, di missioni sfiancanti, di incarichi a rischio Armida si trova isolata. La sua fama da dura diventa la sua condanna. E anche il suo secondo sogno, la passione per il carcere e per la rieducazione dei detenuti, svanisce.Armida è una donna sempre in movimento. Lavora. Corre, di giorno e di notte. Corre con i suoi cani. Guida da una parte all’altra d’ItaliaMa alla fine a 47 anni si ferma. È venerdì santo. Lei è sola nel suo alloggio. Spegne la luce e impugna la sua calibro 9.Armida Miserere era una direttrice di carcere con la fama da dura. Miserere (Dario Flaccovio Editore, 314 pagine, 14,50 euro), che attinge anche da documenti inediti forniti dalla famiglia, scava a fondo nella storia di questa donna e ne ricostruisce la vita pubblica e privata. Una personalità forte, segnata da un dolore mai sopito. Il testo offre anche una panoramica sulla quotidianità del carcere, sui ruoli, le dinamiche, i risvolti psicologici di chi vive e sopravvive in un penitenziario, siano essi addetti ai lavori o detenuti..

RICATTO ALLO STATO

RICATTO ALLO STATO
Divieto di parlare con altri detenuti e di usare il telefono; divieto di ricevere dall'esterno pacchi e denaro; controllo della corrispondenza; esclusione da ogni attività comune. Le regole del regime speciale per i mafiosi in carcere vengono fissate la notte del 19 luglio 1992, poche ore dopo la strage di via D'Amelio. Sono racchiuse in un solo articolo dell'ordinamento penitenziario, il 41 bis, concepito da Giovanni Falcone per isolare i boss che dalle prigioni continuano a esercitare il loro potere criminale. Il 41 bis diventa così, negli anni successivi, l'oggetto di un ricatto di Cosa Nostra allo Stato, e mentre la mafia dissemina di bombe il Paese e manda avvisi inquietanti, la risposta delle istituzioni diventa incerta, se non ambigua. I penitenziari sulle isole vengono smantellati, le richieste di prorogare il regime speciale accantonate. Davvero lo Stato si è piegato alle minacce dei padrini? Si può ipotizzare una trattativa con la Cupola? Muovendo da un punto di osservazione particolarmente interessante, quello del dipartimento che gestisce i detenuti nelle carceri di massima sicurezza, l'autore esamina gli strumenti legislativi messi in atto, dal 1992 a oggi, per contrastare la mafia. E ricostruendo le mosse fatte da uomini di governo e magistrati, la vita e il clima degli istituti di pena, il dibattito e le obiezioni sul carcere duro, aggiunge elementi fondamentali alla questione del supposto cedimento delle istituzioni e dei rapporti fra mafia e politica.
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